domenica 12 settembre 2010

Happy Birthday Dead Ol’ Boy

9 settembre 2008

Il ghiaccio tintinnò nel bicchiere, tra l’ombrellino e la fetta d’arancia. Il sole di settembre, l’ombra delle palme, erano gradevoli, sui lettini ai bordi della spiaggia di sabbia candida.
Cesare sospirò. Non erano le colline di S. Stefano Belbo, ma era il suo rifugio, e ormai ci si era abituato.
Sorseggiò il long drink con un risucchio e si girò verso l’uomo al suo fianco, un capellone con la mascella squadrata e la camicia sbottonata, che consultava dei fogli con dei grafici a torta:
-Come sono i dati delle vendite, Jim?
Jim fischiettava un suo vecchio successo del ‘67, “The End”.
-Oh, well, benone, anche questo trimestre- scartabellò tra le pagine fruscianti, cercando forse qualcosa.
-Certo, c’è da dividere con gli altri tre ancora vivi- fece l’occhiolino -ma lo Studio ha sistemato la storia dei diritti in modo egregio.
Furono interrotti da un vecchio pescatore che, sceso dalla barca, lottava con un marlin di due metri che si dimenava. Alla fine gli assestò un gran pugno che lo stordì, poi lo afferrò per le branchie, le mani sanguinanti, ferite dalla cresta dorsale del pesce.
-Non male, per un 109enne- chiosò Jim. Lo chiamò:
-Ernest!
Il vecchio salutò con la mano alzata, il petto abbronzato ricoperto di peli canuti.
-Ho qui i dati di vendita dei tuoi romanzi!- erano la fissa di Jim, i dati economici. Non parlava d’altro.
Ernest fece di sì con la testa, e rifilò un altro colpo al pesce che si stava risvegliando.
Jim Morrison si voltò verso Cesare:
-E i tuoi dati come sono?
Cesare corrugò la fronte. Lui non era lì perché le opere di un artista si vendono meglio se fa una fine violenta. Hendrix, ad esempio, incideva più dischi da morto che da vivo.
Tutti i presenti si erano affidati allo Studio perché ne simulasse il decesso. Questa strategia pubblicitaria otteneva sempre risultati sorprendenti.
Ma lui era lì… per la compagnia, perché in quella banda di sbarellati si trovava bene, viaggiavano sulla sua stessa lunghezza d’onda, e lui non si sentiva più solo, come prima.
Senza contare che ogni anno arrivava qualche nuovo artista, tutti sempre strani, lunatici. Stimolanti.
-Mah…- riprese il filo del discorso -spero in un incremento di incassi, quest’anno.
-Perché, quest’anno cosa succede?
Cesare non rispose. Ancora non amava parlare troppo di sé. Compleanni, ricorrenze. Lo Studio non perdeva occasione per fare promozione.
Cesare rivolse il profilo al sole, ed ebbe la fugace impressione di un qualche movimento alle sue spalle.
Decine di persone si materializzarono dal nulla, al grido di “SORPRESA!”, mentre la musica, improvvisa, lo stordì e lo allarmò.
Sì, era proprio “Happy Birthday Dead Ol’ Boy”. Cantava Elvis dal vivo, e tutti intonavano il coro.
Marilyn Monroe si avvicinò, sorridente, ancora bellissima nonostante avesse superato gli ottant’anni. Reggeva una torta alle nocciole (nocciole tonde gentili delle Langhe, pensò Cesare, le mie preferite) con cento candeline.
-Tanti auguri, amore- lo baciò sulle labbra. Oddìo, non c’era proprio confronto con quella sciacquetta della Constance.
Il party iniziò. Piovvero auguri da tutti e lui dovette dominare la timidezza. Tenco. Levi. Curtis. Cobain. Un bontempone gli inviò un SMS firmato J. Ortis.
Il direttore dello Studio gli si avvicinò, mentre parlava a un giovanotto con la bandana.
-Penseremo noi ad organizzare la messinscena. Sembrerà tutto vero, come per i suoi colleghi, qui. Questione di due o tre giorni.
Si voltò verso Pavese:
-Cesare! Come stai? Sei sempre in forma, anche a cent’anni. Sono contento di vederti- indicò l’uomo che lo accompagnava -ti voglio presentare il nostro ultimo acquisto, uno scrittore stufo della sua vecchia vita.
Il nuovo venuto tese la mano:
-Piacere, David Foster Wallace. Sono onorato di conoscerla di persona.

Aldo Quario

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