lunedì 27 giugno 2011

Il destino è destino

Vide l’uomo scomparire dietro l’angolo. Si rilassò, le era andata bene.
Lo aveva visto avvicinarsi con uno sguardo che non presagiva niente di buono. Aveva visto che le osservava e loro erano ammutolite sperando che quel pesante silenzio diventasse tanto pesante e fitto da calare, come una coltre protettiva, nascondendole. Quando ormai era a pochi metri da loro l’ uomo aveva avuto un sussulto e si era girato di scatto. Qualcuno lo aveva chiamato. Lei non era riuscita a vedere chi fosse ma gliene sarebbe stata sempre grata.  Lo sguardo dell’uomo l’aveva spaventata, ancora in quel momento non riusciva a dimenticare quegli occhi scuri che forse in altre occasioni le sarebbero sembrati anche belli.  
La rossa, quella che in pochi giorni era diventata l’ amica del cuore, le bisbigliò con un filo di voce,
Mamma mia, che paura! Ma hai visto che occhi? Che sguardo? Sono i tipi come quello che dobbiamo temere! –
Zitta… sto ancora tremando.  – le rispose a fatica.
Per superare lo shock cercò di pensare a qualcosa di bello e subito le vennero in mente i racconti che avevano accompagnato la sua infanzia, e un pensiero andò alla sua Sicilia, calda e assolata. Le sembrava di averla lasciata da secoli anche se, in realtà, erano solo pochi giorni. Sentì ancora il bacio del calore del sole, l’odore del mare e la sua brezza che soffiava umida.
 Si rivide felice. 
Sentì il frinire delle cicale e rimpianse quel caldo che aveva il potere di stordirla; rimpianse l’immobilità che assumevano persone e cose quando si abbandonavano a quel torpore sensuale. 
Ricordò i grandi alberi che scendevano, in file ordinate, fino al mare; rivide il carrubo regale, con la grande chioma di un verde scuro e brillante: smeraldo incastonato in una terra bruna contro un cielo di un azzurro che gareggiava solo con quello del mare.
Le mancavano quelle immagini…  le mancava la sua isola!
Il viaggio era stato lungo e scomodo. Si era accorta che più salivano, più il paesaggio sbiadiva o meglio assumeva una tonalità diversa, quasi nebbiosa. O così le era sembrato in un  ultimo disperato tentativo di rifiutare quel trasferimento forzato. Fosse dipeso da lei non si sarebbe mai mossa, sarebbe rimasta là dove erano le sue radici.
La bionda alla sua sinistra la distolse dai ricordi,
Nostalgia di casa? – le chiese a bruciapelo.
Lei si riscosse,
Si vede? -  chiese.
Sì. – rispose senza esitazioni. -  So bene cosa provi, ma noi siamo segnate… è il nostro destino.– 
Lei smise di ascoltare quella sorta di Cassandra e di nuovo si rituffò nei ricordi: rivide i fratelli che si lasciavano cadere nell’erba e rotolavano felici, loro sì che erano stati fortunati, erano rimasti laggiù… quanto li invidiava! 
Sentì un velo di tristezza calarle addosso che aumentò ancora di più quando si ricordò di lui. Lo aveva conosciuto in viaggio, in quel triste e inesorabile viaggio che, come aveva detto la bionda Cassandra, aveva segnato il suo destino. Nelle brevi, ma intense ore trascorse insieme, lui le aveva raccontato la sua vita, le aveva parlato della famiglia dicendole che erano originari di Bergamo ed era stato il primo a farle complimenti per le sue forme abbondanti. La morbida rotondità, che lei aveva sempre odiato, era diventata inspiegabilmente un pregio. 
Quando lui l’aveva sfiorata, lei era rabbrividita di piacere e, con la scusa del poco spazio, gli si era appiccicata addosso. Lui era stato galante continuando a fare apprezzamenti persino sul suo profumo e lei ne era rimasta affascinata. Nessuno le aveva mai parlato a quel modo, nessuno l’aveva toccata a quella maniera. 
Lo sferragliare del treno li aveva cullati, il calore e la fragranza che lui emanava erano stati una sorta di afrodisiaco e lei si era stretta ancora di più contro di lui, ormai priva di ogni inibizione. In quelle poche ore aveva conosciuto l’amore, per la prima volta.
È tornato! – sentì dire da una voce angosciata.
Si riscosse e tornò tristemente alla realtà. 
Vide che l’uomo di prima era riapparso da dietro l’angolo, ma stavolta in compagnia di una donna, quella che probabilmente lo aveva chiamato, prima, facendolo allontanare. Si sentì attraversare da un brivido freddo, un senso d’angoscia indescrivibile l’attanagliò tutta; ebbe il triste presentimento che stavolta non sarebbe stata fortunata.
Si rese conto che era arrivata la sua ora quando li vide avanzare implacabilmente verso di loro. Non poté fare a meno di fissare quegli occhi scuri e vi lesse una sorta di desiderio che la terrorizzò,
Che belle arance! Ieri non c’erano. Devono averle portate oggi. – disse quell’arpia accanto all’uomo. – Caro, prendine un po’…. Aspetta metti anche questa che è bella grossa e succosa. – 
Vide le dita allargarsi e si sentì stringere senza troppa delicatezza. Sentì il tocco di quella mano ruvida così diverso dal tocco del bergamotto che l’aveva fatta sognare in treno, si girò verso le amiche e le salutò. 
Cassandra le sorrise tristemente, 
Siamo predestinate, te lo avevo detto… - riuscì a sentire, prima che il sacchetto di plastica semitrasparente si chiudesse su di lei come un sudario.


Tania Puglia

5 commenti:

  1. Non ci posso credere, fino alla fine non ho minimamente sospettato chi fosse il soggetto del racconto.
    Complimenti, davvero avvincente e ben scritto!!
    Paolo De Marco

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  2. e brava la Tania, davvero originale...

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  3. scusa non mi sono firmata, sono la Pat

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  4. ma brava, carino, scritto bene e con un finale originale, brava davvero betta

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  5. Straordinario il riferimento alla famiglia originaria di Bergamo....
    7+ - cinque

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