Questo lampo della memoria irradia potenza e purezza della gioventù, al tempo stesso trascina indietro verso un passato possibile e lancia avanti, anche troppo lontano, il giavellotto delle aspirazioni irrealizzabili e per questo motivo a me carissime sopra ogni altro meccanismo di riparazione. Ed eccomi diviso su più fronti temporali, già consumato ogni residuo tentativo e nella stessa stanza trionfante di vitalità con la mente che suggerisce altre operazioni più felici. Senza correggere le sbavature del tempo innestato in altri scenari, e magari in altre nazioni oltrepassando una cifra di destino, un gancio al quale resto appeso come corpo esposto al lavoro del disincanto, quella caduta di magia che pesa e lega e circoscrive il raggio di impotenza di un gesto, la voce sminuita calante di una posizione scomoda. Di cosa parliamo quando parliamo di fine, è un problema da affrontare, senza troppe preoccupazioni di far tornare i conti, mi interessa un narrare per lampi adesso, il ritorno sconnesso della volontà incastonata nel linguaggio dei giorni, il tessuto del dire sfilacciato in una estesa fallimentare espansione del dominio dello stile.
Stefano Loria
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