venerdì 19 luglio 2013

Senza fine

“Adesso basta!”
“Ma…”
“Basta, per favore! Non posso perdere altro tempo! Il lavoro è lavoro, ma c’è un limite a tutto!”
“Ma signor commissario… glielo giuro… io l’ho visto!”
La voce rotta dal pianto gli impedisce di continuare. Trema così forte che la sedia entra in risonanza e sbatte contro la scrivania: piccoli colpi sordi che minano la mia pazienza messa a dura prova.
“Glielo giuro! Era orribile! Mai visto un essere così… o era una cosa? E stavolta non ho bevuto, nemmeno un goccio. Non me lo sono sognato. Glielo giuro signor commissario.”
Lo fisso e non posso fare a meno di provare pena per questo disgraziato: un alcolizzato  che entra ed esce dalla centrale. Lo abbiamo arrestato per schiamazzi e micro furti però non è un tipo pericoloso, magari un po’ suonato dall’alcool, ma del tutto inoffensivo.  
Ha un corpo convesso,  tutto in dentro, risucchiato. Le guance non esistono più sono due buchi scuri, la bocca ha inghiottito le labbra.  Non ha molti capelli e quei pochi sono dritti e grossi come shanghai incrociati.
“È sbucato dal campo, l’avevo scambiato per un cane…”
“Sì, ho capito! Strisciava e poi si è alzato sulle gambe…”
“No, commissario. Zampe,erano zampe…  squamose… grigie.  Non aveva una forma, non assomigliava a niente…  era alto, mi dava le spalle… poi….”
“Basta! Non ricominciare!”
Non mi sente, ripete la litania di prima con lo stesso sguardo terrorizzato.
“Poi si è girato e l’ho visto in  faccia: un viso umano incastonato in una specie di corazza scura che si scioglieva, colava lasciando posto a una sagoma umana!”
Piange, tira su col naso e si asciuga il moccio con la mano: sembra ci sia passata  una grossa lumaca bavosa.
“Lo guardavo, si trasformava e alla fine ero io, proprio io. Io! Glielo giuro commissario! Tranne che per le zampe che non si erano ancora trasformate in gambe. Mi si è avvicinato e…”
“E hai sentito un odore tremendo, me l’hai detto…”
“No, commissario, non era un odore, ma un puzzo nauseante… come di carne marcia, putrida. Dio come puzzava! Sono scappato. L’ho lasciato lì e adesso c’è un altro io…io e io: siamo due.”
Non so cosa fare, è completamente fuori di testa.
“Sono arrivati, sono tra noi… sono noi.” Continua.
“Chi? Di chi parli?”
“Di loro… degli alieni. Hanno cominciato l’attacco.”
Non posso ascoltare oltre. Non ne posso più di questo matto farneticante. Lo porto in cella, domani chiamerò i servizi sociali. Ci penseranno loro.
“Commissario mi creda… sono qui… tra noi…”
La sua voce mi accompagna mentre torno nell’ufficio. Non riesco a togliermi dalla mente quello sguardo disperato, dovuto senz’altro a una crisi d’astinenza. Oggi  quel poveraccio era diverso dal solito, farebbe meglio a bere! Mi ha rovinato la giornata con le sue fantasticherie. 
Ho la testa pesante, decido che è ora di andare a casa. Chiudo la stanza, saluto il mio collega e apro il portone.
“Ciao,” mi dice l’uomo che trovo sulla soglia. “pensavo non uscissi più. Gli altri stanno arrivando.”

Un fetore nauseante m’invade le narici, mi vedo mentre mi pulisco una gamba, l’altra è ancora una zampa.

Tania Puglia

4 commenti:

  1. Brava Tania: fantasia e suspance perfettamente equilibrati. Complimenti. A presto. Ciao.

    RispondiElimina
  2. Oddio gli alieni no.... :) però bel racconto! brava zia
    bacio Ale

    RispondiElimina
  3. Mi è piaciuto.
    Il finale mi ha fatto venire i brividi su per la schiena.
    Licia

    RispondiElimina
  4. I tuoi racconti fanno rimanere sempre con il fiato sospeso fino alla fine!! :)
    Paolo

    RispondiElimina