Estate del 1978, credo. L'estate della più ambiziosa mareggiata di rifiuti che avessi mai visto, quando verso le due e trenta le onde spuntavano cariche di una montata plastica farcita di gomitoli di spaghi, cavi e rami mozzati, e li depositavano a riva (e i bagnini ci confortavano dicendo: "è solo il Garbinooo", ed era Garbino ogni giorno).
Ero con i miei in vacanza in quella trama di larve di ferro e laterizi che è la riviera adriatica, con la sua dorata, nostalgica allegria luminosa e cementizia, dove la natura è assente.
Un sera, su una via al neon che tutti immaginiamo, tra tedeschi angosciati e risciò, vidi arrivare un vecchio malvissuto. Aveva i capelli bianchi e gialli, come tutti i tabagisti, ed era avvolto nel caldo agostano in un tabarro di stracci assurdi, sfilacciati. Trascinava dietro una sorta di carillon a manovella gigante, in legno verde muffito, sospinto su due ruote di legno.
Questo vecchio, così enorme, così impossibile, così brutto, mi strappò da papà e mamma. Non so se avessi veramente visto un povero prima di allora, se non, forse, quegli sparuti anziani commercianti arabi che percorrevano le vie dei nostri quartieri avvolti in tappeti più grandi di loro (e tutte le mamme accorrevano e dicevano loro: "oooh!", srotolandosi ai loro piedi).
Rimasi a fissare questo patchwork di disperazione, forse vera forse caricata a manovella, fermando papà e mamma che mi tenevano per mano.
Non so cosa pensai allora, ma tutto quel che accadde l'ho bene tatuato dentro: una malinconia infinita, una sensazione di spazio violato, come un graffio molesto che riga via il tuo miglior vinile, nient'altro che una effrazione momentanea allo scrigno di un'infanzia.
Non avrebbe dovuto essere così (rabbia stizzosa di bambino tradito dal mondo): con questo vecchio che svicolava pressoché inosservato tra le mamme, con un piattino in mano ostentato sotto il becco dei passanti, un piattino che non era altro che un piccolo sottovaso di plastica verde ( questo lo ricordo bene). Questo vecchio precipitava molesto sul Mio gelato e sulla Mia estate, inatteso e non voluto.
Chiesi a papà i soldi e lui servì monete, ma io volevo le 500 lire in banconote, da dargli. Gliele portammo, e lui se ne andò via con la sua fantasmagoria stracciona, rumorosa come i barattoli di latta, attaccati con lo spago all'auto degli sposi.
Matteo Marconi
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