in cui strappammo allegramente il sesso,
tra le onde benigne del golfo.
Ora io piango
ricordi affannati, la foto che ti svela
tornita come il marmo,
l’acqua salsa,
il boccio della carne inappagata,
l’arcana derisione del tuo nudo.
Via con la testa a segnare confusioni,
mentre l’ambrosia piega il profilo
e l’azzurro si riposa tra le mani.
Ritorna agosto per smarrire leggere
vocali, imperfette, e la tua bocca
non ha più labbra per il controtempo.
Forse l’eternità gioca all’amore
per rincorrere inganni.
Non è più marmo il tuo ginocchio adesso
che la bara distrugge ogni fattezza.
Ho cercato la pelle nel distacco
ed ho mancato la presenza, intrappolata
nel pallido impossibile.
Silenzi e distanze raccolgono le ombre
nelle quali dissolvi inconcepibile ricordo.
Starmene qui nel segno dell’abisso,
nel gelo dei fantasmi che hanno rubato la luce,
uno dei molti illusi della Croce
in angusti sentieri, senza posa…
Antonio Spagnuolo (testo e immagine)
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