Stanza 251

mercoledì 13 febbraio 2013

Lo spirito del Natale


Apparecchia per due. E comincia a preparare pancakes, la sua colazione preferita, la colazione che gli preparava sempre anche la mamma e che lui adora. 
Il caffè americano gocciola dalla caffettiera nella brocca di vetro. Il burro nella padella sfrigola. Un profumo di sciroppo d'acero canadese riempie la stanza quando lo versa sulla montagnetta dei pancakes.
Pulisce i contorni del piatto con una salvietta di carta rossa e lo sistema sulla tovaglietta all'americana rossa con gli addobbi natalizi davanti a lui.“
Una colazione speciale per un uomo speciale. Merry Christmas my love”, dice guardandolo.
E' così bello. Si dimentica sempre com'è bello, anche se ultimamente sembra un po' assente, distante.
“Avanti, mangia. Io non mangio, amore”, dice appoggiando i gomiti sul tavolo, “Lo sai che assaggio tutto, troppo, mentre cucino!”
Versa del caffè fresco nella sua tazzona preferita, quella con sopra la statua della Libertà che lui le ha portato da New York.
“Non mangi? Qualcosa non va?”
Gli prende la mano fredda e immobile e la bacia.
“Non ti senti bene? Ce l'hai con me? Sei arrabbiato?”
Lascia cadere la mano dell'amato e si gira ad asciugare una lacrima.
“Perché fai così? E' Natale!”
Si alza e va al frigorifero.
“Vuoi una spremuta fresca?”
Appoggia un'arancia sullo spremiagrumi elettrico e la stanza si riempie di suoni gracchianti, lame sottilissime dissanguano polpa rossa.
Alza la voce per sovrastarne il rumore: “Non so perché devi fare così! Non mangi, non rispondi. Sei arrabbiato. Lo so. Volevi tornare dai tuoi in America. Volevi lasciarmi. Lo so, capisco il tuo disappunto, amore, ma era impossibile. Il natale è fatto per gli innamorati e tu sei il mio amore, no? Mi ami, no? L'hai detto. E io amo te!”
Appoggia il bicchiere di succo davanti al piatto. I pancakes sono freddi. Il burro ai è solidificato in stalattiti giallognole che pendono ai lati della montagnetta.Lo sciroppo è una macchia disgustosa, un melanoma inguardabile. 
“Mangia! Ho detto mangia! Ho cucinato per te. PER TE!”
Prende per le spalle il suo compagno. Lo scosta da dove è appoggiato con la testa al muro, dietro la sedia, e lo scuote. La testa, esanime, ruota da una parte all'altra; le palpebra, tenute sollevate da fili finissimi di nastro adesivo, ricadono su occhi spenti. 
Spaventata dal movimento delle palpebre lo lascia. 
Il corpo ormai irrigidito ricade con forza in avanti sopra il piatto. Il bicchiere, urtato, sparge succo color sangue sulla tovaglietta con gli addobbi.
“Ecco”, urla andando verso il lavandino a prendere una spugna,  “ora mi hai rovinato il Natale!”

 Matilde Colarossi

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