lunedì 7 gennaio 2013

Sirene


Detesto l’autunno. Non per il freddo o il vento. Non per le giornate corte o perché annuncia che l’estate è finita. E’ per le voci che lo detesto. Le voci arrivano sempre di notte o almeno quando scende il buio, il che può succedere anche nel pomeriggio, prima di cena. Le sentiamo nei momenti più diversi della serata. Mentre finisco di fare i compiti, mentre aiuto la mamma a sparecchiare la tavola o mentre sono davanti al caminetto con papà e Black. Il fuoco illumina il viso di papà mentre fuma la pipa assorto nei suoi pensieri e il pelo di Black sembra sul punto di incendiarsi. La mamma rimette in ordine la cucina e il sibilo del fuoco è accompagnato dal rumore dei piatti e delle altre ceramiche che cozzano con la credenza. 
Loro sanno che quando arriva l’autunno la porta di casa e le finestre devono rimanere ben serrate la sera, perciò quando il sole sta per tramontare iniziano le operazioni di chiusura. Io mi occupo della porta mentre la mamma chiude le quattro finestre. Poi papà passa a controllare che tutto sia ben chiuso e che la chiave della nostra porta sia sul tavolo. E aspettiamo. A volte mio padre conclude dicendo ‘il buio là fuori ha mani forti e pesanti’. 
Le voci non arrivano tutte le sere. Può passare un’intera settimana senza il minimo accenno. La mamma dice che sono sempre esistite. Le ha sentite per la prima volta quando era bambina, in una fredda serata d’autunno. Quella volta sua nonna le parlò delle origini antichissime delle voci. E c’era dell’altro. Una sera suo nonno si era dimenticato di controllare che le finestre e la porta fossero chiuse e, per l’appunto, quella sera la chiave non era stata tolta dalla serratura. Le voci erano arrivate e la chiave nella toppa aveva iniziato a tremare e a muoversi come se una mano invisibile fosse lì a girarla. Poi il nonno si era precipitato verso la porta e aveva tolto in tempo la chiave. 
Nessuno sa cosa può succedere lasciando aperte porte e finestre. Si dice che le voci entrino nelle case per cercare dei corpi in cui infilarsi. Essendo solo voci senza corpo hanno bisogno di persone in cui entrare per potersi muovere a loro piacimento. Per me questa spiegazione non ha senso. Le voci infatti possono spostarsi come vogliono senza bisogno di avere un corpo. Piuttosto credo siano invidiose del fatto che noi abbiamo la voce, un corpo e tutto il resto e loro no. Si vuole sempre ciò che non si ha. Così la vedo io.
Fuori non è permesso parlare delle voci. Si conversa del più e del meno. Della moglie del dottore che aspetta un altro bambino, della scuola che ha bisogno di infissi nuovi, del nuovo orario dell’ufficio postale. Senza accennare mai alle voci.
Appena arrivano, finisce la tranquillità e subentra una specie di inquietudine, oltre al fastidio di ascoltare una cosa che non sembra di questo mondo e non somiglia a nessun suono che io abbia mai sentito. Quando Black abbaia o piange o ulula io riconosco che è il mio cane. E quando un altro cane abbaia o piange o ulula io so che si tratta di un cane. Quando la tramontana fischia forte attraversando tutto ciò che incontra io so cos’è. E’ il vento. Ma le voci no. Non so niente delle voci. O quasi niente. 
La nonna di mia madre le chiamava Sirene. E anche noi le chiamiamo così. Le Sirene sono prepotenti, sembra che litighino tra loro o che urlino per la rabbia di non poter entrare nelle nostre case. Qualche volta mi sono messa ad ascoltarle, mi sono concentrata e mi è sembrato di sentire suoni diversi tra loro. Dei lamenti, il pianto di un bambino e le grida disperate di chi sta bruciando nel fuoco dell’inferno, come direbbe il nostro parroco. E anche un suono simile all’ululato di un lupo e un altro che somigliava al ringhio di un cane rabbioso. Le voci però, sono più che altro lamenti. Lamenti di donna nel buio. 
Dallo scorso inverno non sono ancora tornate, ma le aspettiamo da un momento all’altro. Tutte le sere ci barrichiamo in casa, come dice mio padre a un certo momento: “è arrivata l’ora di barricarci in casa”. Quando le voci arrivano, mamma e papà sembrano tranquilli, ma so che non lo sono affatto. Si sforzano di far finta di nulla per non farmi preoccupare, ma nessuno di noi è sereno, c’è sempre la possibilità di un imprevisto che dia un senso a ciò che accade fuori dalla nostra casa.
Anche stasera aspettiamo le Sirene seduti davanti al caminetto e se arriveranno pregheremo sottovoce tenendoci per mano. Le luci sono spente eccetto il fuoco e la chiave della porta è sul tavolo. 

Elisa Minì

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