Di quella notte ricordo il caldo, la porta spalancata sul balcone, l’odore delle notti d’estate e mio padre, sprofondato nella “sua “ poltrona, in canottiera e sigaretta accesa.
Fumava come un turco, mio padre, per quanto io non sapessi come mai i turchi fumassero tanto, lui una ne spegneva e una ne accendeva, in casa, quando c’era, galleggiava un’ impalpabile nebbia azzurra che faceva incavolare mamma e che io invece annusavo di nascosto.
Davanti a lui, maestoso, il televisore.
Un monumento, curato e vezzeggiato da mamma che lo ricopriva ogni sera con un cappuccio a fiori, confezionato con le sue mani, provvisto di volant e cerniera laterale, motivo d’invidia delle sue amiche, non esperte come lei nel cucito, costrette a ripiegare su banali “copri-televisori” acquistati al mercato.
Quando era acceso, sul televisore troneggiava una piccola lampada con paralume azzurro che serviva “ a non far venire male agli occhi” come ripeteva lei tutte le sere quando papà le urlava “spegni quella luce lì sopra”.
Mamma aveva certezze inespugnabili, la lampada rimaneva sempre accesa.
“Anna, portami una birra e vai a dormire, che è tardi”
“Papà, ti prego, fammi stare ancora un po’, lo voglio vedere anch’io ‘sto sbarco”.
Con mio padre non si discuteva, lui ordinava e noi, io e mia sorella, dovevamo ubbidire.
La mamma no, lei lo sfidava, lo contraddiceva, spesso litigavano furiosamente ma, chissà come.…improvvisamente tutto finiva e incominciava il periodo che io e Simona chiamavamo “zuccheroso” e durava fino al prossimo litigio.
“Anna, arriva ‘sta birra?”
“Eccola, pa’, mi siedo anch’io qui... domani non c’è scuola, posso dormire”
A me, poi, degli astronauti, della luna e di tutta quella storia non importava un fico secco.
E’ che mi faceva sentire adulta lo stare alzata fino a tardi, mi piaceva che mio padre accettasse la mia presenza, solo noi due, mamma e Simona già dormivano, noi avremmo aspettato insieme che la navicella atterrasse, che un uomo posasse per primo i piedi sul suolo lunare e avremmo condiviso, complici, questo ricordo per sempre.
Mi allungai sul divano, sbirciando la sua reazione, con la paura di essere scacciata a letto.
Invece niente, anzi, voltandosi, mio padre mi regalò un sorriso storto, e mi sembrava avesse anche una certa espressione sorpresa, come se mi vedesse diversa…ma forse ero io che m’immaginavo le cose, proprio come avrei voluto che fossero.
Sullo schermo un giornalista parecchio agitato e con degli occhiali enormi, un altro ancora più agitato con una strana voce, immagini in bianco e nero confuse, a tratti interrotte.
Dalla finestra spalancata vedevo la luna piena, grande, identica a come l’avevo sempre vista e non riuscivo a collegarla a quello che la televisione trasmetteva.
“Papà, pensi che ci riusciranno?”
“ Certo, è sicuro, gli americani ci sanno fare in queste cose”.
Conversazione, io e mio padre facevamo conversazione, come due amici, come quando veniva Pietro e stavano a fumare, bere birra e chiacchierare.
Andai a prendermi una coca gelata nel frigorifero, spiaccicai due zanzare sul mio braccio sinistro, mi stravaccai sul divano sentendomi una donna di mondo, buttai giù un sorso gelato e quasi mi strozzai facendomelo andare di traverso.
“ Anna, piantala di fare casino altrimenti fili a letto”.
Per darmi un tono e per soffocare la tosse uscii sul balcone, la luna era veramente gigantesca, lassù, forse guardando attentamente avrei visto un piccolo puntino che…
“Vieni dentro e chiudi la zanzariera, qui si sta riempiendo di zanzare, se vuoi rimanere vedi di stare tranquilla e muta”.
Niente da fare, la donna di mondo si era volatilizzata, ritornai mestamente sul divano cercando di mostrarmi interessata alle immagini sullo schermo.
C’era parecchia confusione, quello con gli occhiali strani ripeteva “sono sbarcati, sono sbarcati” dall’altra parte quell’altro urlava “no, non ancora “ sembrava litigassero, le immagini erano nebulose e gracchianti, mio padre si accese un’altra sigaretta e finì la prima birra.
Accidenti a me, mi addormentai.
I miei tredici anni non erano abituati a fare le ore piccole e questi americani non si decidevano a raggiungerla, la luna.
Ho un ricordo confuso di mio padre che, in braccio, mi porta a letto, ripiombata di colpo allo stadio di bambina, incavolata con me stessa ma non in grado di tenere gli occhi aperti.
Gli americani sulla luna ci sono poi arrivati, non so a che ora e non so se mio padre fosse sveglio, anche se le quattro bottiglie di birra accanto alla poltrona non mi parevano un buon indizio.
Lui mi prese in giro per diversi giorni, eppure io avvertivo nella sua voce una nota diversa, come quello sfottersi che usava con i suoi amici.
Mi piaceva molto.
Wilma Nicola
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