San Casciano val di Pesa, una mattina come tante.
Bel modo di svegliarsi!
Campanello, squillo fisso del telefono (quello fisso appunto) e cellulare che ringhia, per non parlare delle finto comprensive esortazioni ad uscire/arrendermi/capire la situazione e così via che mi arrivano amplificate dal megafono del funzionario di turno; il tutto condito da un lisergico light show di lampeggianti blu attraverso le persiane blindate della mia colonica.
E non sono neanche le 6 di mattina! Sono stati giorni intensi e quando ieri sera decisamente stanco pensavo di aver finito di fare i compiti mi sono attardato più del dovuto on line a leggere le notizie di agenzia intitolate: “bagno di sangue a Velletri” o “la banda dell’ arancia meccanica incontra la sua nemesi” eccetera, eccetera… un sacco di materiale a così poco tempo dall’ accaduto, in particolare sono rimasto colpito dai filmati dei tecnici della scientifica nelle loro non più immacolate tutine bianche che danno di stomaco sulle rose del piccolo borghese giardinetto della villetta unifamiliare di Velletri …. toccante.
Intanto la fuori continuano a urlarsi ordini in puro stile SWAT (questa gente merita tutto il rispetto però dovrebbe guardare meno televisione) mentre si accaniscono sul portoncino blindato, immagino di avere un po’ di tempo per cui infilo un paio di vecchi chinos ed una camicia e dopo aver montato la protesi, vado in cucina a prepararmi il caffè. Mentre aspetto vado nuovamente on line per gli aggiornamenti sul “massacro di Velletri”: poca roba a parte che dopo averci vomitato i tecnici della scientifica devono aver trovato nel roseto l’arma del delitto: a giudicare dalle foto, sono un cultore, un magnifico coltello da combattimento, direi che si tratta di un 39-09 della “Exrema Ratio “ di Prato con lama di 19 cm, davvero un bel giocattolo efficace e senza fronzoli, pensandoci bene almeno uno nella mia collezione ci dovrebbe essere…
Il caffè è pronto, cerco di fare mente locale, sembra facile, ma il tizio col megafono non da tregua: “Valente arrenditi! Sappiamo che sei stato tu e che avevi tutti i motivi! Sappiamo che tu e la tua famiglia siete stati anche voi vittime di questi mostri! Sappiamo che sei stato menomato da questa gente! Ma soprattutto abbiamo le tue impronte della mano destra sull’ arma del delitto… sono perfette… sono le tue Valente! Le abbiamo in archivio da quando hai fatto quella cazzata del motorino a diciassette anni!” . Ok, a quella storia del “vespino” lo ammetto non ci avevo, dopo tutto questo tempo, proprio più pensato. Capita!
Intanto la rete comincia a fornire i dettagli del “massacro”; i termini più gettonati sono: evirato, sgozzata, escissione, amputazione, barbarie senza precedenti e chi più ne ha più ne metta… Vi sono inoltre i profili delle sei vittime: due donne, una rumena ed una italiana e quattro uomini di cui tre rumeni ed un italiano tutti con precedenti, tutti sui trent’ anni e latitanti. In effetti, pare che il tutto sia successo quando la banda, specializzata in brutali aggressioni a scopo di rapina in ville e case isolate, si era riunita a festeggiare dopo che appena una settimana fa i tre più pericolosi erano riusciti a scappare durante un trasferimento dal carcere di Rebibbia al tribunale di Roma.
Spengo il computer, il caffè è finito per cui mi accendo una Gaouloises e metto su una moka da sei per gli ospiti, poi stanco di sentire il casino che le bene amate forze dell’ ordine stanno facendo per aprire un portone blindato che porta solo ad un bel muro di cemento armato (l’esperienza diretta è una severa ma efficacissima maestra) spalanco la vera porta di ingresso che perfettamente mimetizzata nel muro di mattoni si trova a pochi metri dal target dei loro sforzi, faccio appena in tempo a sporgere la testa e gentilmente chiedere se qualcuno vuole un caffè che mi sono tutti addosso in un lampo, tanto che non riesco nemmeno a contare quante sono le mani che mi afferrano e bloccano contro il muro.
Mi spiace per loro devono davvero avermi preso per un mostro o qualcosa di simile. Quando le cose cominciano appena a calmarsi finalmente la voce del funzionario in comando tuona:” le mani dietro la testa tutte e due cazzo!” in effetti lo posso capire, sono con la faccia contro il muro di casa mia, la stessa dove ho subito il peggior affronto della mia vita e dove gli unici affetti che mai avrò hanno subito una sorte peggiore, ho le canne dei fucili d’assalto sul collo ed ho la sinistra in alto; ma la destra è come di abitudine nella tasca dei pantaloni per cui giustamente accondiscendo a gentile richiesta e porto dietro la testa anche la destra.
E qui finalmente cala il silenzio.
Dopo tutte le urla è corroborante devo ammettere. Si sentono solo frasi smozzicate sottovoce del tipo: “oh cazzo… e adesso che gli raccontiamo al PM?”
Mi limito a chiedere se posso abbassare le “mani” , non mi rispondono ma visto che hanno smesso di massaggiarmi le la cervicale con le canne dei loro fucili evinco di si, per cui mi giro e con la protesi biomeccanica estraggo le sigarette dalla tasca destra dei chinos mentre con la sinistra cerco l’accendino, rinnovo l’invito per un caffè, mi avvio verso la cucina chiedendomi perché mai questa gente non si legga bene i dossier dei sospettati prima di cercare di sfondargli la porta e se sia in grado di anche solo immaginarsi la mia particolare versione della “Sindrome dell’arto fantasma”.
Paolo Fumagalli
Nessun commento:
Posta un commento