mercoledì 9 maggio 2012

Non torna

La riga fra asfalto e prato era netta, e marcava il verde diamante dell’erba, delle piante, di ciò che i belgi chiamano “vérdure”. Era tardo pomeriggio, col sole obliquo che rende più vivi i colori, ma senza sbiadirli, nè alterarli. Con quella luce si vedevano distintamente gli insetti che rufolavano indaffarati sopra i fili d’erba.
Flavia sentì un tuffo al cuore.  Seduta su una panchina, dopo una lunga pedalata, osservò quell’esplosione di natura, tanto attesa nei lunghi giorni sotto la neve. Non che avesse motivi particolari di essere felice. Anzi, passeggiando sola la notte con frenetica monotonia, sempre nella stessa strada della periferia di Liegi, si ripeteva e chiedeva: “sei felice?”, rispondendo in cuor suo “non direi, non direi proprio”.

Eppure il verde smeraldo la commosse. Era sola, testardamente sola. Libera di osservare le foglie che si stagliavano nitide in controluce sul cielo. Fermò lo sguardo su questa scena, sperando che il film si arrestasse. Fermo immagine…

Continuava a non essere felice, ma non voleva esserlo. O forse lo voleva, ma non subito. Si godeva quell’attimo di tristezza, a cavallo fra una serie di delusioni passate ed un futuro sconosciuto. Tutto lasciava pensare che il peggio fosse passato, ma di certo non era arrivato niente di nuovo.

Il sole calava, iniziava a fare fresco. Doveva rientrare in bicicletta e la strada era ancora lunga, ma non ebbe il coraggio di andarsene, e rimase a guardare gli insetti bassi in controluce, i raggi che filtravano fra i cespugli. Sapeva che l’emozione sarebbe finita, ma non subito. Chiuse gli occhi e ringraziò Dio. Quel Dio nel quale non credeva. Tanto meno nei momenti di dolore, in cui lo aveva imprecato. Nei momenti in cui derideva chi lo invocava, magari in maniera beota, sentiva una vaga invidia. E ora si ritrovava lì a ringraziarlo. “Grazie, grazie di tutto questo, anche se è chiaro che non ci sei”.

Sentiva il bisogno di ringraziare qualcuno. Che disperazione non sapere a chi rivolgersi. Meglio far finta di avere un interlocutore, che per fortuna non risponde; guarda immobile le formiche che si muovono frenetiche, e non fa mai sentire la sua voce. Neanche quando un auto passa sul formicaio e le stermina tutte. Eppure esiste la terra, l’aria, il vento fra le foglie e le formiche tutte.

“Non torna niente, ma grazie lo stesso. Grazie di tutto questo”. E si fece una carezza.

Marco Del Panta

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