lunedì 15 agosto 2011

Alcuni erano venuti da lontano

                                        ALLE  DODICI, AL PONTE...


La gente del Liceo aveva deciso che era ora di rivedersi, dopo tanto tempo. La mezza età portava
voglia di vestiti eleganti, di pettegolezzi, di storie. Scelsero , come era ragionevole, la loro vecchia 
città, per l'incontro.


Alcuni erano venuti da lontano, stavano da amici, o in albergo, ma molti abitavano ancora in città.
Qualcuno, che  aveva girato il mondo, o l'Italia, si era ritagliato una vita in campagna, la loro  
campagna brutta  ( stoppie di grano, nebbie fin dalla fine di agosto, piene dell'odore nauseante degli zuccherifici) e  lavorava già su Internet,standosene in casa, in quel modo nuovo, claustrofobico.


Il pubblicitario - la gloria non solo della sezione C ma di tutto il Liceo - era venuto in taxi da Milano, sottolineando così la sua indifferenza riguardo a  una cosa volgare come imparare a guidare e riguardo ai soldi in genere. 
Quanti ne avrà spesi per tenersi qui un autista ad aspettarlo per ore, si misero a spettegolare  tra loro i compagni al caffè, quando se ne era andato all'improvviso, balzando  sul quel taxi come su un cavallo legato alla porta , lo stronzo principe, e lasciandoli umiliati dalla sua fretta...
In effetti ne aveva fatti, di soldi. Tutta la classe ne era sicura.
I fuorisede, cioè quelli  che venivano al Liceo tutte le mattine in treno, considerati sfigati di provincia dai loro compagni di città, avevano ritenuto di arrivare di nuovo in gruppo compatto, su una specie di pullmino o SUV gigante, come se il tempo intercorso dalla maturità non avesse fatto che stringerli fra loro più strettamente in quel paese del cavolo.  Di cui erano diventati, rispettivamente: lo stimato notaio, il medico bello e alcolista da film western  e le professoresse di Italiano e di Scienze, più qualcuno di incerta professione, di incerta storia...
Il pubblicitario se ne stava seduto ad aspettare gli altri sulla spalletta del ponte davanti al Liceo, dove si erano dati appuntamento, in modo così sentimentale, per andare a celebrare il trentesimo della Maturità.
La sua faccia era quasi nera per i raggi UVA, ma le mani bianche, lunghe e fredde come a diciassette anni.


Il Liceo "veleggiava" davanti a loro, come allora.  Cioè, la brezza che scendeva dai monti percorrendo il fiume, spingeva  dentro e fuori   come vele  i tendoni bianchi delle grandi finestre, lasciate aperte al sole di maggio. 
" Guarda! Veleggia!- disse Clara Ghezzi a Mariarosa Thei - riprendendo il loro vecchio lessico dei tempi del liceo- Non hanno cambiato le tende in trent'anni..."   
Stavano arrivando insieme , come  in coppia si facevano ogni mattina a piedi i due chilometri verso la scuola, perché erano state  dello stesso quartiere, e dello stesso banco per una decina di anni. 
Si erano recuperate da poco per telefono , e si mentivano disinvoltamente sulle loro carriere e sui successi dei  figli. 
Erano infatti girate molte telefonate e mail, qualche mese prima .Qualcuno, in un polveroso Istituto di Chimica,  si era preso la briga di "disseppellire i corpi" : non tutti, naturalmente, qualcuno era morto sul serio. Sei o sette erano irreperibili, forse braccati  dalla polizia.
Nei telefoni si era sussurrato che Aldo Boux era ricercato per la bancarotta della sua seconda ditta , ma si scommetteva che sarebbe venuto, conoscendo la sua faccia tosta..
E infatti era là, seduto di fianco al pubblicitario, suo antico compagno di banco.
Aveva una cravatta gialla, era irriconoscibile. Le sventure, i pasticci, forse anche un po' di galera, gli avevano procurato una faccia magra e pallida da intellettuale.
"Adesso ti farà il filo di nuovo?" Chiese Clara, dando di gomito alla sua amica, che era sempre stata assai più carina di lei " Ah, ma di sicuro..." 
A cinquant' anni si sentivano giovanissime ...e, Dio, cos'era quella musica? 
Quell'accidenti di Copy milanese stava facendo girare un nastro da una scatola posata vicino a sé sul muretto  e ne usciva fuori "Diana."...Dio, se quella non era la voce di Paul Anka!...
"...I'm so young and you're so old.." 
"Se fa le campagne in modo così ovvio e banale non durerà molto. I Copy giovani se lo mangeranno vivo".  Invece sarebbe durato, altri vent'anni giusti giusti.


L'appuntamento diramato sui telefoni era : alle dodici, al ponte.
Al mattino si erano messi in tiro, guardandosi bene nello specchio, ripassando nella testa alcune piccole vendette private di cui volevano occuparsi.  Avevano indossato vestine primaverili, che il vento promettente avrebbe fatto svolazzare, o dei bei "principe di Galles" e cravatte a righe, roba classica.  Gialla,  invece, quella di Boux, il fallito. 
Il fallimento gli aveva dato non solo un'aria quasi spirituale, ma imperturbabilità, sorrisi significativi, e silenzi. Era diventato il contrario di quel ventenne che andava a donne, fumava come un dannato e allungava le mani sulle sue compagne di scuola ( in austeri grembiuli neri di satin, le brave ragazze!)   
"Lo verranno ad arrestare al pranzo?" Chiese Mariarosa
"Ma figurati...non arrestano più nessuno per bancarotta...Lasciano che si finiscano da soli..."
Il venticello era diventato un vero vento caldo e profumato quando si contarono, davanti al Liceo, e scompigliava le acconciature e le cravatte, ma dava un bel movimento alle gonne leggere. 
Anna Comelli, la rossa, che aveva continuato a fantasticare su quella rimpatriata per due o tre mesi, da quando era stata ripescata dal chimico Giancarlo in un  cottage intorno a Novara,  si mise alle costole del suo vecchio amore del Liceo, il pubblicitario, e trotterellò sui tacchi fino a raggiungerlo. Quando erano ragazzi e volevano diventare grandi scrittori si scambiavano telefonate profonde e cartelle di racconti scritti a macchina. Lui poi usciva con le più belle delle altre classi, naturalmente. Un amore intellettuale, il loro, pensava Anna. 
"Ti sei poi sposato con la Peretto? " gli chiese
"Ebbene, sì" 
La Peretto era una ragazza brutta di un'altra terza, con le gambe come colonne doriche , e nessuno si spiegava come avesse accalappiato un marito,  lui, poi!
"Ma sono separato da molti anni.." 
Ah, ho una chance... pensò follemente Anna C. Follemente perché aveva un matrimonio solidissimo, tre figli e anche un nipotino. Così, follemente, perché in quel loro sfilare a piedi sulla stradina verso il ristorante sul fiume, a due a due, vicini i compagni di banco, o quelli che allora si erano un po' amati, o un po' odiati e volevano vendicarsi, si sentivano tutti  diciannove anni, ma sapevano di averne quasi cinquanta... 
E infine  follemente, perché a un tratto  si accorse che il loro pubblicitario, la gloria della sezione C , non le piaceva affatto e non le era mai piaciuto, se non come critico lusinghiero dei suoi racconti.
"Hai ancora la mia cartella?" Gli chiese. Erano trent'anni che non si ricordava di cartelline e cose simili, ma il tempo aveva preso una piega strana, quel giorno.  
"No, te l'ho ridata...guarda che te l'ho ridata..." 
"Sarà ancora in qualche buco nella tua casa di qui..." 
" La mia casa di qui l'hanno abbattuta ventidue anni fa..." Discorsi surreali, che il vento portava via sul fiume. 
Così si era perso tutto il suo lavoro letterario dai diciassette ai diciannove anni, sparito!
Per la verità  lei conosceva il reale valore delle storie raccolte nella cartellina, robaccia sentimentale, poesie sull'autunno...  
Ugualmente  diventò un po' feroce. Alcune cose importanti erano girate su e giù per l'Italia attraverso il telefono, e Anna sapeva quanto lui aveva lottato per l'affidamento del figlio.
"Tuo figlio come sta?" gli chiese
"Ah, bene, suppongo. E' cresciuto..." 


Al ristorante, con gli aperitivi in mano, fecero un diligente computo dei morti. 
Avevano: un ictus a vent'anni, al primo anno di università, tre cancri, una cirrosi..
Avevano: una fuga in Sudamerica per risse fasciste, quattro divorzi, un figlio autistico, diversi figli più o meno drogati.
Al ristorante, quel bellissimo medico alcolista, che il tempo non aveva toccato, e i suoi capelli  non avevano un filo grigio, alzò il bicchiere rosso contro l'azzurro intenso del cielo che attraversava la finestra, e gridò, come alle partite di pallacanestro, quando stavano seduti al freddo sui gradini di cemento della palestra, a tifare per la loro squadra fallosa e perdente:
"Terza C!!"  E tutti si alzarono in piedi.


Carla Spagnolo

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