sabato 28 maggio 2011

Lodato sii

Inizio a pensare di avere qualcosa che non va.  Non capisco perché i miei simili siano così socievoli. Io non lo sono. Cosa avranno da ridere e da dirsi a vicenda che sono bravi, mentre si detestano. Non mi piace stare nelle città, in mezzo alle persone che si danno da fare in modo ributtante.  Eppure il richiamo del sangue è così potente che a tratti abbandono la mia solitudine e  mi mescolo agli idioti, ansioso di nutrirmi di loro e - questo è veramente il colmo -  ansioso perfino di essere apprezzato da loro.  Gli anni hanno scavato tra noi un solco, ma io mi illudo e lo scordo ogni volta.
Un tempo chi beveva sangue viveva solo, assorto su picchi inespugnabili, o cieco, brancolante in fosse fangose. Ci siamo mascherati in milioni di modi. Per secoli sono stato un santo eremita, e mi cibavo - quando andava bene - di qualche devota deficiente che veniva a trovarmi. Poi la disgraziata, se non moriva, diffondeva il culto del sangue ovunque portasse il suo culo. A volte nella valle alcuni intuivano la verità, e sostenevano che nella mia caverna vivesse un drago, e che io correvo un terrificante pericolo, ma che riuscivo a controllarlo e che ciò dimostrava la mia santità. Non sapevano che ero io il drago.
Anche Francesco è stato uno di noi, parlava agli animali perché prima li vampirizzava. Francesco mi era molto vicino, ricordo che elogiava il fratello sole perché ne aveva paura. Tutti noi parliamo agli animali, tutti gli animali, non solo i lupi o i pipistrelli, e in verità non abbiamo neanche necessità di parole. Chi conosce il segreto del sangue controlla gli organismi che lo contengono, anche restando zitto. E' normale.  Solo che Francesco - oltre a essere un esibizionista - era riuscito a superare l'avversione per la croce, fu in questo la sua vera  grandezza. 
Ma dicevo di quando ero eremita. Ogni tanto, soprattutto se per colpa della mia ingordigia spariva una devota (avevo periodi di tale penuria che poi non riuscivo a controllarmi e  prosciugavo la prima cretina penitente) a volte insomma arrivava un vendicatore armato. Io  lo perdonavo, lo rendevo uno di noi e il contagio benefico si diffondeva. Poi venne la moda dei castelli. E l'entusiasmo con cui le ragazze - ma anche i ragazzi - correvano da noi a farsi vampirizzare ha dato inizio all'età feudale. Il resto è storia.
Oggi la maggior parte dei miei simili vive nelle città. Corre a feste piene di persone importanti, è abile a  vivere sguazzando nella mondanità, fingendo di essere un libero signore della notte. Del resto, è questo che gli procura il sangue.  Le  persone importanti glielo donano volontieri, ridendo tutte eccitate. Così vuole la moda. Squittiscono, offrono ill collo convinte di trovarsi di fronte a un vero vampiro. Ma non è così. Sono già tutti morti, quei falsi vampiri che scodinzolano e quelle false vittime che in realtà sono i loro padroni. 
  
Ho  atteso la notte per millenni, ed ero solo. So che il buio arriverà e sono  pronto. Aspetto che sorella luna e le stelle mi avvolgano in un'abbraccio finale. Perché io conosco la verità. Esiste un serbatoio del sangue, nel cuore del cosmo. La vita  proviene dal serbatoio, che noi bevitori - obbedendo a un'antica tradizione, inadeguata al giorno d'oggi, ma a me tanto cara, perché me ne parlava mia nonna - che noi insomma  chiamiamo Oceano Santo. Siamo lontani dall' Oceano Santo, per questo la nostra esistenza è vuota. Ma quando verrà l'ora del buio, allora la Terra si troverà nel punto in cui potrà essere risucchiata e ricondotta  a casa.  Dopo di che coloro che si sono nutriti di sangue vivranno e saranno felici. Gli altri avranno quello che si meritano. Mi tengo pronto. E' tutto molto semplice.
Le forze del niente hanno scelto la croce come simbolo, non credono nel serbatoio, perché il serbatoio è informe. Anch'io, molto tempo fa, lo confesso, ne subii l'attrazione perversa e geometrica. A  volte ancora oggi riesco a carezzare una croce, e provo un brivido, un senso di colpa, perché so cosa c'è dietro. Ma stanotte mi nutrirò di nuovo. E ancora, ancora. Poi vagherò tra i deserti, infilando la testa nella sabbia durante il giorno; o marcerò sulle pianure ghiacciate, o nei neri fondali profondi, o nelle fogne smisurate delle metropoli. Starò lì come un ragno. Perché non sopporto le persone. Poi ritornerò tra le persone, perché ho bisogno di loro. Poi me ne andrò, perché le odio. Poi tornerò. E ancora, ancora. Fino a quando la notte sarà immensa, mi permetterà di togliermi gli occhiali da sole, sarò di nuovo a casa,  tra le onde rosse dell'Oceano Santo e potrò finalmente cantare: lodato sii, mio signore, per fratello sangue, così prezioso e casto. Quella, sarà la fine.


Enzo Fileno Carabba

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