giovedì 7 aprile 2011

Il circolo amici-magnaghi

Ottanta forse novanta ragazzi, età diciannove-venti, sono raccolti al centro del piazzale, tutti vestiti di blu. Intorno a loro ce ne sono altri dieci-quindici, anch’essi vestiti di blu ma più vecchi di un anno, con il berretto bianco calato basso sugli occhi e le braccia conserte. I ragazzi al centro hanno l’aria spaventata e una sola striscia rossa sul braccio sinistro, quelli intorno guardano fisso negli occhi i più giovani, ogni tanto ne indicano uno e lo chiamano fuori dal gregge, sul loro braccio ci sono due strisce rosse.
E’ ottobre, tempo di “spivolatura” , i maglioni dei più giovani sono nuovi di fabbrica, l’àncora sopra la striscia rossa é ancora intatta. Il berretto é perfettamente piatto e orizzontale sulle loro teste, gli dà un’aria leggermente ottusa, appropriata al comportamento imbrancato e un po’ vigliacco. I più anziani hanno i gomiti lisi, spesso piccoli strappi sull’uniforme, chiaramente fatti di proposito. L’àncora sul braccio é consumata e quasi invisibile, il berretto, deformato ad arte, è calato in modo tale da coprire gli occhi come una visiera, gli allievi anziani camminano lenti strascicando rumorosamente i piedi. Sono le nove di sera, gli allievi del primo anno faticano a tenere gli occhi aperti ma la paura di rimanere isolati li ha imbrancati al centro del cortile dell’Accademia Navale dove ogni anno la parte meno piacevole della loro istruzione si ripete senza grandi variazioni, con regole precise che loro ancora ignorano ma che sono da sempre tollerate dagli ufficiali istruttori.
Anch'io sono un allievo del primo anno, un anziano si fa avanti e mi indica, io faccio finta di niente ma quello mi viene proprio sotto e non posso ignorarlo, é bassino e un po’ ridicolo con quella sua espressione truce. Il regolamento dice che io gli devo il saluto militare e una presentazione ufficiale, teoricamente niente più di quello, ma é difficile invocare delle regole che ancora non si conoscono con sicurezza. Quindi mi faccio avanti, un po’ curvo per non irritarlo, e saluto meglio che posso, militarmente.
“Allievo presentati!”
“Allievo prima classe, stato maggiore, corsi normali, Carlo Zei”
“Devi dire "pivolo" prima classe, hai capito?”
“Allievo prima classe, stato maggiore, corsi normali, Carlo Zei”
“Non ho sentito, pivolo, fatti più avanti, tre passi.”
Non mi muovo e rimango sull’attenti sperando che perda interesse e scelga qualcun’altro, ma sono troppo più alto di lui, mi deve odiare per quello, almeno questa é la mia assoluta certezza in quel momento. Quei tre passi che mi ordina di fare mi spaventano, mi porterebbero fuori dal gregge dei pivoli, dove ci si può nascondere meglio. Si avvicina un’altro anziano, fino a sfiorarmi il naso, ha il fiato pesante, sa di non potermi toccare, almeno finché sono nel piazzale, quindi mi urla nelle orecchie in modo insopportabile.
“Non hai sentito l’anziano, allievo? Tre passi e presentati”
“Non sono tenuto a...”
“Che fai rispondi? Ma guardate cosa abbiamo qui, un pivolo che risponde. Vuoi mancare di rispetto all’anziano, pivolo? Interrogazione!”
Il primo anziano annuisce e comincia il mio esame, si sta divertendo:
“Quante finestre ci sono sul piazzale?”
“Centoventi”
“Ti sei presentato ai tuoi centenari?”
“Agli anziani centenari, agli aspiranti millenari, agli anziani e aspiranti concittadini”
“Come sono tornati gli anziani dalla crociera?”
“Incazzatissimi”
“Cosa si bacia sopra la barra?”
“La formaggetta”
“E bravo il nostro pivolo, sai proprio tutto, ti vuoi iscrivere al Circolo Amici Magnaghi?”
“Certo!”
Silenzio, ho sbagliato, quasi mi mordo la lingua per la rabbia: uno stupido errore, ma é troppo tardi per rimediare.
“Voglio dire, il Circolo Amici-Magnaghi é uno strumento per la misurazione dell’azimuth...”
“Parla quando sei interrogato, pivolo, pugni al petto, fai tre passi di corsa e presentati all'anziano”. 
Faccio tre passi e appena ricominciata la presentazione il primo anziano ha già fatto altri tre passi indietro, la direzione é quella delle latrine, dove devo evitare di andare ad ogni costo.
“Non ti sento, allievo, tre passi avanti e presentati”
Sono ormai fuori dal mio gruppo, altri anziani se ne sono accorti e mi circondano, molti ridono per la preda conquistata.
Mi volto indietro sperando in un varco verso il gruppo, ma sono ormai in tre o quattro alle mie spalle, i miei compagni non pensano certo ad aiutarmi ed evitano di guardarmi.
“Che fai allievo, ti giri? Presentati all’anziano, guarda che é già incazzatissimo”
Faccio altri tre passi, la porta é pericolosamente vicina, un anziano la sta tenendo aperta.
“Allievo prima classe, Carlo Zei” grido, preso dal panico e deciso a non fare un altro passo in quella direzione.
“Che fai allievo, non ti sai più neanche presentare? Sei proprio un pivolo, tre passi e presentati.”
Sto per fare gli ultimi tre passi verso la porta, rassegnato. Sono così stanco che decido di non opporre nemmeno troppa resistenza, dovrò solo afferrarmi le mani sotto le gambe fino a farmi strappare i pantaloni, mi dico, e almeno non faccio la figura del vigliacco. Il loro scopo è di legare come una bandiera i miei pantaloni sulle sartie del brigantino interrato nel piazzale. Un trofeo di caccia per loro. Una cucitura nei pantaloni é l’unico riconoscimento che possono permettersi i pivoli come me, un segno di resistenza e nello stesso tempo di sottomissione ai superiori, di solito quelli con i pantaloni ricuciti vengono lasciati stare per un po', almeno così corre voce.
Sono sulla porta, ormai, e due anziani stanno per afferrarmi e trascinarmi dentro, ma uno di loro ha commesso un grave errore, si è appoggiato al muro e ha le mani nelle tasche. Sento una voce alle mie spalle, questa ha un suono più autorevole e si rivolge proprio a lui.
“Allievo, hai freddo alle mani?”
La salvezza cammina senza fretta verso di me, sorride ironicamente, ha il berretto con la visiera e una scintillante striscia gialla sul braccio, é un aspirante guardiamarina, ossia un allievo del terzo anno. L’anziano si mette sull’attenti di scatto, tutti si fermano, a me tremano le ginocchia. Vorrei abbracciarlo, ma ovviamente mi trattengo. Poi si rivolge prima a me e poi all'anziano che era stato incautamente troppo disinvolto. 
“Tu torna nel gruppo, e tu fanne cinque”
Cinque giri, ossia arrampicarsi sulle sartie del brigantino interrato dietro il piazzale. Arrivare fin sopra la coffa, raggiungere la barra e scendere dall’altra parte, cinque volte. E’ opzionale l’arrampicarsi sull’asta della bandiera per baciare scaramanticamente il pomello sulla cima dell’asta, la formaggetta. Conosco bene quella fatica, faccio di media quindici venti giri al giorno, ma non avevo mai visto un anziano ricevere una punizione. Agli allievi del primo anno non è permesso essere presenti all'umiliazione di un loro superiore. La mia vigliaccheria é tale che penso solo ad una sua possibile ritorsione. Mi giro per tornare nel gruppo, l’anziano ora é davvero incazzatissimo, ma sono fuori pericolo, almeno per oggi.
Ma non dormirò tranquillo, prima di andarsene si gira e mi bisbiglia: “a domani, pivolo”.


NOTA
questo breve racconto si ispira alla mia personale esperienza del lontano 1980 e si riferisce ad una istituzione che è ovviamente molto cambiata negli ultimi 30 anni.


Carlo Zei

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