martedì 9 dicembre 2014

Le levitazioni di Virginia Panichi Donati


Come capire il nostro corpo assoggettato ai cambiamenti caotici della città contemporanea?  Reti, conflitti, confusione, trattative, scambi, mobilitazioni. La città che non si limita allo spazio fisico. L'ambiente che cerchiamo di vivere socialmente e che a volte crolla sui nostri piedi. Occupiamo le strade e siamo occupati dalle stesse, senza renderci conto del nostro stato, del nostro corpo e di quello che lo circonda, lo nutre e lo distrugge.
Non si torna indietro? Ma indietro dove, se spesso non sappiamo nemmeno dove siamo e perché siamo. Come porsi davanti alla comunicazione, alla scienza, all’arte ed a tanti altri elementi che si relazionano e a volte si accavallano, senza essere superficiali rispetto la propria esistenza?
Il lavoro Donati offre una riflessione non soltanto sul corpo contemporaneo, ma anche sullo spazio fisico ed energetico dove questo si trova.
Dalle donne rappresentate all’interno di allegorie che mettono in scena discussioni storiche, poetiche e mitiche, l'artista fa un salto nel concetto sviluppato fino ad ora togliendo il corpo dalla messa in scena e sostituendolo con le pietre, attraverso la pittura e la fotografia, in stato di levitazione.
Ad un primo impatto l’occhio “viziato” cerca ancora il corpo nudo impregnato di feticci culturali, cascando su queste pietre dure che levitano sullo spazio. Qui la pesantezza tanto della memoria quanto di quella fisica aprono spazio al misticismo, all’energia ed a tutto quello che non possiamo vedere, ma sì immaginare e sentire. L’artista così invita gli spettatori, a fare una passeggiata interna, per strade non meno caotiche di quelle “reali” ma che fluttuano nell’immaginario di ognuno.
Queste pietre gravitano in un ambiente naturale al di sotto di un cerchio, il cui centro virtuale è il simbolo primordiale dell'origine di tutte le cose che nascono dalla sua irradiazione/energia e del ciclo continuo della vita dove ogni morte è una rinascita. Le immagini sospese vivono in uno spazio a-temporale e rappresentano l'energia creatrice dell'anima mundi in un ciclo continuo, dove la vita e la morte si equivalgono, in questa dimensione dove "niente tocca niente" i corpi rimangono inviolati.
Per quelli che si chiedono la relazione tra questa sua nuova ricerca e quella precedente, il corpo contemporaneo non viene dimenticato, ma sì sollevato ad un grado più alto di quesiti, dove le pietre rappresentate hanno lo stesso peso corporeo dell'artista e la messa in fuoco è l’energia che emanano. Simboleggiano così, metaforicamente, il ritorno della carne alla natura. Si crede nell’anima della pietra ed in ciò che questa possa rappresentare.

Ed è questo che mi affascina nella ricerca di Panichi. Il corpo contemporaneo è presente, anche se a volte non rappresentato, affrontando inoltre questioni relative all’importanza dell’immagine – di come siamo e di come vogliamo apparire, principalmente attraverso la fotografia. Il corpo a volte non c’è, ma l’anima, quella almeno speriamo di sì.







Ramile Leandro (testo)
Virginia Panichi Donati (immagini)

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