Al termine di questo tunnel troverete ancora la vostra giovinezza, ma trasformata in oro. Un salto nel tempo, un tuffo dal trampolino dentro i riflessi di una parete lucente che promette un surplus di energia, un avanzamento di felicità. La redenzione. Era questo il cuore pulsante della profezia dei Simple Minds, fin dall’inizio, anche prima di essersi macchiati di qualche colpa grave, anche prima di avere sprecato il poco tempo prezioso che avevamo a disposizione.
Mi ricordo di averli incontrati di persona, prima che salissero sul palco, era tanto tempo fa, nella febbre iniziale di un concerto a Firenze, la folla concentrata in un grande parco accostato al fiume, sul limitare della sera, nella luce declinante. Erano così giovani, proprio dei ragazzi - ero un ragazzo anche io all’epoca – pallidi e taciturni, molto concentrati e seri. Sembravano soprattutto dei tipi alla moda, vestiti un po’ da nuovi romantici, gli occhi truccati, i capelli scolpiti dal gel, i volti molto pallidi. Ma appena cominciarono a suonare la loro musica, appena misero in moto i ritmi elettronici e le sciabolate elettriche inebrianti, lì si poteva già capire che non giocavano.
Avevano costruito una loro fortezza inespugnabile, esposta allo sguardo invidioso del pubblico, con l’incanto e la generosità dell’età dorata.
Stefano Loria
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