venerdì 31 luglio 2015

Una fortuna


L’esperto di denaro mi riceve. Un tappeto rosso con losanghe in rilievo mi conduce da lui. Il suo studio è arredato con cura, e io mi sento signora. Certo, anche lui me lo dice. Si accomodi signora. Per tutti sono solo Irina.
Allora che ne facciamo di questi soldi? Li vogliamo investire?
“Non è una fortuna” dice l’esperto di denaro, mentre interroga la macchina del pensiero calcolante. Conta. Sottrae. Divide.
“Non è una fortuna”. Ripete.
Difficile dirlo. Lei lo sa che cos’è la fortuna?
L’esperto di denaro aggiunge carte. E mille spiegazioni puntigliose. Sullo schermo del computer compaiono tutte le verità dei numeri. E’ tutto così certo e misurato.
Davvero, vorrei che me lo dicesse. Chissà.... la fortuna.
Ora questa si allarga fino a toccare la linea chiara della libertà.
Forse potrò comprarmi il tempo.
Certo bisogna rischiare, questo lo comprendo. Rinunciare a soddisfazioni immediate ed accudirli questi denari, farli crescere, come bambini, aspettare con pazienza.
Certo signora, ma come le ho detto, non è una fortuna.
Me lo ha già detto, sì.
Anche la macchina del pensiero è d’accordo, e disegna grafici colorati incomprensibili e rassicuranti.
Questa intelligenza artificiale può trasportare mille soldi dall’altra parte del globo, investirlo in una miniera di diamanti e stare a guardare. Vivere il brivido di una cellula di lievito, infinitesimale, che vede da dentro crescere le ricchezze in una notte, come l’impasto del pane. Prevedere ciò che avverrà domani, e magari ritardare una guerra. Questa macchina sa tutto e controlla tutto. Ma cosa avrebbe da dire sul mio lutto?
Mio figlio si è ammalato di freddo.
Sarebbe bastato un cappotto per salvarlo. Tra mille e nessuna fortune possibili. Ma noi non avevamo nulla e per nulla siamo partiti.
L’uomo si allontana dallo schermo scivolando sulle ruote a sfera della poltrona di pelle, rinuncia al linguaggio da esperto, e fa una voce paterna. Allora che ne facciamo di questi soldini? Una parola piccola come si direbbe ai bambini.
Lui ha in tasca un sapere che non mi somiglia. Ha in mente piccole vite, di formiche laboriose. Avanzi di cibo, brandelli di libertà tenuti a parte nel nodo dello scialle, o nello scomparto minuscolo del portafogli. 
Cosa ne sa di me? E dei miei pensieri miliardari.
Vorrei potergli spiegare, ma sento la mia voce che dondola come un acrobata sul filo. Ripeto mezze frasi indecise legate insieme da un balbettio.
Vorrei apparecchiare i miei pensieri, accompagnarli con parole importanti.
E l’uomo mi dice:
“Allora signora si decida”...
E’ così difficile. Quanti cappotti si possono comprare? Quante corone da regina? Quante calze di lana? Moltiplico. Divido. Ma quanto fa?
Anche la gente me lo chiede.
Allora sei venuta qui a cercar fortuna... Irina?

Elena Bellei

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