martedì 6 gennaio 2015

Elegia di Dicembre

Penso di avere sistemato tutto, dovrebbe essere a posto ogni singolo elemento del mio Teatro della Scrittura, una definizione con le maiuscole, a significare che si tratta di un rito eccezionale, un sorta di sacrificio umano (il mio). Nel momento che mi colloco al tavolo, davanti alla tastiera, se alzo lo sguardo dallo schermo mi pare che il salotto sia un palcoscenico adeguato, illuminato da poche lampade con la luce fioca, attenuata come piace a me. Per questo inizio infatti temo la troppa luce, mi basta avere guardato a lungo – poco fa - quella del pomeriggio invernale che si spengeva lentamente, il declinare delle tonalità di azzurro verso un blu profondo che mi sembra di buon auspicio, la promessa vellutata di nuovi incidenti, vibrazioni, scoperte.
    Anche gli oggetti in cima alla grande libreria nera alle mie spalle – è una struttura in legno massiccio ma risulta una forma leggera, una scultura minimalista -  ho fatto bene a spostarli. Il piccolo quadro astratto del pittore americano, una specie di astrazione primitiva essenzializzata, soffriva un po’ nella posizione precedente, non so dire i motivi esatti, forse era soffocato dalla fotografia della fabbrica di inizio Novecento che gli avevo messo accanto, oppure la luce dalla finestra colpiva i colori scuri con una angolazione inadeguata, fatto sta che pareva sbertucciato, diminuito ad un grado espressivo ribassato, aveva perso la capacità di pronunciare le proprie forme con sicurezza, era sbiadito retrocedendo ad un balbettio poco piacevole. Adesso invece, collocato in cima ad un’altra libreria – al lato opposto del salotto, identica struttura di legno massiccio, ma di colore bianco – fa un figurone, credo che la mossa vincente sia stata piazzarlo al termine di una fila di libri antichi con le rilegature preziose, le lettere dorate splendenti sulle coste ti suggeriscono un’idea del valore immenso della letteratura, anche se non vengono letti emanano già solo a contemplarli una forza indiscutibile. Così il quadro astratto dai colori scuri del pittore americano, elegante nella sua semplicità, si nutre in qualche misterioso modo dell’energia emanata dalla presenza dei libri antichi.
    Da quale incastro di arredamenti potrà scaturire il flusso espressivo, questo non mi è chiaro, ma non importa, perché la sorgente della scrittura è bene che resti misteriosa, intangibile, una fonte inaccessibile a me per primo che invece tento di scrivere. In un momento sono convinto che possa contare molto la nostalgia per un amico perduto, scomparso troppo presto, aveva vissuto in fretta, forse sapeva di avere poco tempo a disposizione per le sue scorribande. Era già un maestro, un vecchio saggio quando ci siamo conosciuti, eppure eravamo entrambi poco più che ragazzini, lui più vecchio di me di qualche misero anno, però sembrava indicarmi sempre la strada, dava consigli molto importanti, come se offrisse i frutti di un’esperienza di cui si era impossessato prima di ogni altro nel nostro gruppo di giovani amici. Il vuoto lasciato da E. sembra plasmare qualcosa della mia vita anche adesso che lui non esiste più, perché la sua assenza è diventata un modo di misurare gli eventi che mi accadono, quando mi sforzo di immaginare cosa avrebbe pensato, fatto, detto, risposto, nel momento presente, prolungando di fatto la sua esistenza interrotta bruscamente dentro la mia di adesso che sta maldestramente continuando.

    Poi tutto ritorna ad un punto dove è inutilissimo ricordare, prendersela con il proprio destino, maledire le fortune altrui, farsi promesse che già sappiamo non saremo in grado di mantenere. Bisogna celebrare l’occasione di restare in silenzio, nel salotto appena schiarito dalla prima luce del mattino, desiderando di essere in un luogo del tutto diverso, per esempio in cima ad una enorme cascata. Mi sporgo in avanti per lasciarmi spruzzare dall’acqua che ritorna in alto nella forma di nuvole di micro pioggia così sottile e densa da costituire un velo aderente a perfezione contro la pelle ed i vestiti bagnati. Un abito nuovo, necessario. Un ultimo regalo degli dei.

Stefano Loria

Nessun commento:

Posta un commento