martedì 11 novembre 2014

Il fabbricante di barche

[…] “Mi occupo di barche. Te l’ho detto. Ma mi sembra che tu abbia la memoria abbastanza corta rispetto a quella sera.”
Mattia aveva pronunciato quelle parole restando in piedi. Non sapeva se sedersi. Sarebbe stato un gesto troppo invadente. Forse Alessia per una cosa del genere si sarebbe suicidata quel pomeriggio stesso. Pensò di aspettare un po’. Magari si sarebbero scambiati i numeri e si sarebbero rivisti con più calma un’altra volta. Era la cosa migliore.
Lei, Sandra, lo guardava dal basso verso l’alto. Lo ascoltava con una mano poggiata sotto il mento e con il gomito poggiato sul tavolo. Con l’altra mano invece, teneva il manico della tazzina vuota.
Impegnava le mani. Come quella sera, quando si era sbrigativamente congedata cercando un misterioso oggetto nella borsa. Un oggetto che ovviamente non trovò mai perché non sapeva neanche lei cosa stesse cercando.
“In che senso? Fai il pescatore, le sistemi le barche, le bruci di notte per qualcuno o cosa?”
Mattia sorrise. Sandra gli piaceva davvero. Aveva sempre una punta di ironia nel chiudere la frase. Le sue domande, al pari delle risposte, avevano sempre una climax accattivante e particolare. Gli piaceva davvero. Cazzo, quanto.
“Le produco. Però l’idea di farle bruciare non è male. Aumenterebbe la mia produzione. Ci penserò su. Tu, in caso, saresti disposta a farlo per me?”
Sandra rise di gusto. Non l’aveva mai fatto fin’ora. Si era sempre limitata a sorridere dolcemente. Fino ad allora, fino a quella prima risata, era bastato solo quello a farla sembrare splendida. La sua bellezza spingeva per uscire anche solo con un sorriso. Anche in modalità risparmio energetico. La sua risata era ancora meglio. La faceva passare ad un livello superiore. E poi, mentre rideva, mostrava una leggera imperfezione. I due denti davanti erano leggermente distanti tra di loro. Mattia pensò che in una donna, almeno in quella donna, era una cosa meravigliosamente particolare. Era la prima volta che gli capitava di vedere una cosa del genere su un viso femminile. Pensò a quella come ad una licenza che la bellezza si era presa sui canoni e sulle convenzioni che troppo spesso la incatenavano. Prima, a dire il vero, aveva pensato subito a Ronaldo. Luis Nazario da Lima, il fenomeno vero, mica Cristiano. Ma quello lì la bellezza la sprigionava solo con i piedi. Anche lui però l’aveva fatto emozionare. Decisamente in altro modo.
Rispedì il pensiero di Ronaldo sul poster ingiallito che aveva ancora in camera sua, nella casa dei suoi che adesso non abitava più. Poteva tornare a concentrarsi su Sandra. Doveva.
Dopo la risata lei lo guardava. Come se si aspettasse ulteriori spiegazioni su quel lavoro. Lui stava cercando qualche altro argomento per irrobustire quella fesseria. Aveva preferito non dirle che scriveva. Anche la sera del loro primo incontro aveva disdegnato quella prospettiva con lei. Men che meno le avrebbe confessato il suo regolare impegno della mattina. Quello era un mistero che non conosceva nessuno.
Così era diventato un produttore di barche. Suonava bene. Mattia Marini, il fabbricante di barche. Con quel cognome lì avrebbe anche potuto accarezzare la possibilità di candidarsi al concorso per il più banale nomen omen. Un Marini che produceva barche. Poteva anche starci.
A dire il vero pensava a quella storia da un paio di giorni. Le aveva accennato qualcosa del genere quella sera in spiaggia, per fare colpo su di lei, e dopo si era trovato a dover pensare al resto della storia se mai si fossero incontrati di nuovo. Cosa che puntualmente era successa.
Sbrigativamente, anche perché altrimenti Alessia, che era ancora fuori, si sarebbe suicidata davvero, Mattia parlò a Sandra di quel lavoro e di come era nato. Si era inventato tutta una teoria suggestiva e romantica al riguardo.
Scriveva. Ad inventare una storia non ci mise poi molto. Mica incartava torroni per arrotondare nel periodo natalizio. Magari l’avesse fatto. Almeno avrebbe guadagnato qualcosa per l’affitto. Scacciò anche questo pensiero fuori posto e lo spedì insieme a Ronaldo. A farsi dribblare dal fenomeno. Lui adesso non aveva tempo, Ronie invece l’avrebbe annichilito con uno dei suoi doppi passi.
In cinque minuti raccontò a Sandra che con la sua azienda che produceva barche, un piccolo cantiere navale, aveva realizzato il suo sogno.
Da sempre aveva visto le barche come una specie di salvezza. Fin da quando era piccolo, quando lo sgridavano i suoi o bisticciava con un amichetto alle elementari. Da allora si era sempre immaginato su una barca, da solo, armato soltanto di due grandi remi, a prendere il largo.
La barca della sua immaginazione era una di quelle di legno con un sacco di strisce orizzontali dai colori più sgargianti. Arrivato in alto mare tutto sarebbe passato. Le sofferenze non sanno nuotare. In mare sarebbero annegate. E lui era di nuovo al sicuro. Si sarebbe salvato da ogni cosa. Gli bastava pensare a quell’immagine che tutto scompariva. Raccontò a Sandra che questa cosa di immaginarsi su una barca, ancora bambino, la faceva anche adesso, quando era stressato.
A quell’idea non ci aveva mai pensato prima. Ragionò sul fatto che gli piaceva. Magari l’avrebbe utilizzata davvero. Per allontanare lo stress o per scriverci qualcosa. Un’idea simpatica ispirata da Sandra quella sera in spiaggia mentre fumava, seduta su quella barca capovolta. Quella notte aveva per un attimo pensato a quanto sarebbe stato bello girare quello scafo, pendere la donna per mano, aiutarla a salire e spingere la barca in mare. Insieme avrebbero preso il largo. Magari avrebbero percorso la cravatta dorata che tutte le sere la luna faceva indossare al mare e lei, Sandra, si sarebbe rilassata. Avrebbe smesso di piangere. Persino di fumare. 
Né quella sera né mai raccontò a Sandra quell’immagine da poeta effiminato. Nonostante era stata l’autentico carburante per questa storia. Questa invenzione sulla quale costruiva una colossale menzogna sul suo attuale lavoro.
Aveva una certa dignità per essere l’inizio di una storia. Non sapeva ancora come avrebbe gestito quella baggianata in futuro. Non sapeva neanche se un futuro ci sarebbe mai stato. Era comunque una bella storia. E la voleva utilizzare così. Magari più avanti ci avrebbe anche scritto qualcosa. Chissà.
“Mi piace pensare di poter salvare le persone. Tutto qui. Di dargli un’altra opportunità.”
“Una specie di Noè” disse lei divertita.
Non lo disse in maniera dissacrante o spoetizzante. Sembrava davvero ammirata da quella spiegazione.
“Adesso vado. Non sia mai che la tua amica si toglie la vita. L’ho vista un attimino seccata.”
“Non farci caso. Non credo possa lamentarsi. Non ci fossi io sarebbe chiusa in casa.” [...]


Antonino Emanuele Valere

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