martedì 11 marzo 2014

Insurrezione

Dobbiamo scendere per strada, dicono gli uomini della sicurezza. Il tetto è sotto il tiro dei cecchini e gli elicotteri non ci possono atterrare. Gli insorti hanno preso il palazzo di fronte, dicono ancora. Mamma ancora non è uscita di testa con le sue isterie. Chiede solo come sia stato possibile. Gli uomini della sicurezza non rispondono. Coraggio presidente, dicono alla mamma. L'allarme ha bloccato gli ascensori. Dobbiamo scendere, ma giù per le scale. Il problema delle scale è che sui pianerottoli ci sono delle grandi vetrate e gli insorti ci sparano contro. Ma non  erano antiproiettile, chiede mamma agli uomini della sicurezza. Lo sono, signora presidente, rispondono loro. Ma i colpi di fucile ci fanno dei grossi buchi, anche se non li mandano in pezzi. Non so se mamma ha paura. Io devo sforzarmi di non sorridere, se no mamma dà fuori di matto. La consulente della propaganda si è fatta dare un fucile e un elmetto. È proprio ridicola. Cerca di ingraziarsi la mamma. Io però lo so già che mamma la scarica. E scaricare per mamma vuol dire sparire in una cantina. Ma questo non si deve sapere. La stronza si affaccia dalle finestre degli appartamenti evacuati e spara e urla e spara. Poi un colpo la centra in faccia e quasi la decapita. Bah, meglio così. Meglio per lei. Il capo della sicurezza ci fa cenno di scendere, i suoi uomini ci precedono e sparano dalle finestre. Forza piccola, mi dice con il suo vocione rassicurante. Non mi chiamava così, l'altra sera, mentre glielo succhiavo. Non mi piaceva neanche tanto. Continuiamo a scendere correndo tra un piano e l'altro. Sta arrivando una brigata dell'esercito a riprendere il quartiere, dice il capo della sicurezza dopo aver parlato nel walkie talkie. Nel quartiere non ci dovevano arrivare, risponde la mamma. Il quartiere è blindato, protetto. Ma la guerriglia si è fatta più audace, dice il capo della sicurezza. È finanziata dai nostri nemici, dice. Poi un'esplosione enorme squassa la stanza accanto a noi. Un uomo della sicurezza che era sulla soglia viene sbattuto contro il muro. Siamo tutti coperti di calcinacci. Tirano coi mortai, dice il capo della sicurezza. Poi vede il suo uomo a terra. È ferito. Agonizza. Il capo gli spara due colpi a bruciapelo. Due tonfi sordi. Devo soffocare un gridolino di eccitazione. Mamma se ne accorge, mi guarda male. Si toglie le scarpe coi tacchi e le lancia via. Continuiamo a scendere. Finalmente arriviamo al piano terra. La porta è sbarrata con i sacchi di sabbia, la hall è piena di soldati. Un capitano dice a mamma che i guerriglieri si sono presi il palazzo di fronte, quello del ministero degli interni, e sono barricati sui vari piani e sul tetto, e hanno ostaggi, anche il ministro dell'interno. La mamma si fa dare un telefono e ordina di espugnare il palazzo e di non curarsi degli ostaggi, nessuno escluso. Proprio così, dice. Poi ripete: nessuno. A me non me ne frega niente, quel ministro mi stava pure sul cazzo, ma ora mi sono rotta, voglio andare via, chiedo quando arrivano gli elicotteri. Sono in volo piccola, mi dice il capo della sicurezza. E mi strizza l'occhio. Dopo qualche minuto si sentono i rumori degli elicotteri che si avvicinano. Ma prima arrivano quelli militari. Mi metto alle spalle dei soldati a guardare. Mamma mi strilla dietro ma io me ne frego. Gli elicotteri da caccia si mettono fermi davanti alle finestre e mitragliano, da sopra invece si calano le forze speciali. Ma a questo punto usciamo scortati dai soldati, e saliamo su un elicottero poco più in là nella strada, e decolliamo. Mentre l'elicottero sale la mamma urla al capo della sicurezza che ci sarà da fare i conti per questa situazione del cazzo. Poi un colpo sfonda il vetro e centra il copilota.

Filippo Rigli

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