Io sono quello che cammina e non si lamenta. Avanzo cautamente, anche se sono sicuro che non cadrò mai. Non penso. Non mugugno. Soffio e basta.
È il mio compito: essere parte di un gioco più grande di me. La sabbia è calda. Fili invisibili mi reggono in piedi, e non vedo il modo di liberarmi. L’anello attraverso cui cammino è piccolo, le luci rosse. Sono fatto di acciaio, e il mio cervello è la mia sola dote. Ma gli è impedito attivarsi. Il mio pensiero è puramente teorico. Mi devo trasformare in qualcos'altro, se voglio trovare una via d’uscita. Però è difficile. Ho bisogno dell’aiuto dei miei amici, per questo.
Il grande uomo mi fa muovere le braccia, così che possa soffiare il gas sulla torcia che porto. Quando lo faccio, il fuoco avvampa. Sono quasi indifferente a quello che mi circonda. La mia è una vita per modo di dire. Ho nostalgia del mio pianeta, di casa mia.
Adesso il mio spettacolo è finito, e vengo portato fuori dall’arena. Iniziano altri numeri; sento la musica che cambia. L’uomo pesante mi spinge da parte e i fili mi ricadono addosso, mosci. Mi sento svuotato di energia. La sedia su cui mi hanno messo è fredda, perfino più del mio corpo. C’è confusione intorno a me: persone che imprecano perché hanno perso i loro attrezzi, acrobati che indossano goffe uniformi, animali che vagano senza una nozione della loro condizione. Mi guardano, e credo che mi capiscano. Ma i loro occhi sono distanti. Appartengono alla foresta. Un mondo fatto di verde e di nero, di giallo e di rosso. Una dimensione naturale. Il mio pianeta è fatto tutto di metallo. Ma noi lo amiamo.
Mi hanno trovato che fluttuavo nello spazio. Mi ero perso. Mi hanno preso e mi hanno fatto prigioniero. Adesso mi vogliono in un circo postmoderno, perché emetto gas e mando su le fiamme, quando questo incontra il fuoco. Fa ridere la gente, dicono. Sul mio pianeta comprenderebbero il mio linguaggio mentale, ma qui usano un altro modo di comunicare. Guardo in su, in cerca di uno straccio di cielo. So che c’è una fessura, attraverso la quale posso vedere la luna: il solo frammento di universo che mi ricordi un po’ casa. È piena, stanotte, così distinguo le montagne e le valli che la percorrono. Adesso un raggio di luce se ne stacca, diretto verso la Terra. È trasparente e leggero, e mi chiedo se verrà a liberarmi.
Giovanni Agnoloni
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