Passeggiare nella brughiera in compagnia di Terrone mi dà una piacevole
sensazione di benessere.
Terrone è un cane meticcio, metà labrador e metà non so, che ho trovato
l’estate scorsa, denutrito e assetato, su una spiaggia del litorale calabrese
dove mi trovavo in vacanza. È un vero simpaticone: dovreste vederlo come scorrazza
felice tra la vegetazione e come si diverte a far scappare gli animali che
popolano il tratto di campagna che confina col fiume. Passare buona parte della
domenica mattina in un ambiente agreste con il mio cane mi fa sentire veramente
bene.
Quando decido di venire qui per prima cosa verifico che non sia periodo
di caccia, non vorrei mai che qualche cacciatore imbecille, mimetizzato come
Rambo, mi impallinasse perché mi ha scambiato per una lepre. Mi piacerebbe che
costoro, durante una delle loro pericolose battute di caccia all’allodola, si
trovassero faccia a faccia con un branco di cinghiali affamati e incazzati che,
con la loro istintiva capacità di persuasione, gli facessero provare quella
adrenalinica emozione che vive una preda indifesa. Vabbe’, un sogno!
Dato che ogni luogo ha la sua etichetta, e io voglio sentirmi in tutto e
per tutto parte integrante del luogo, quando vengo qui mi vesto come un vero
campagnolo, con tanto di cappello sformato di feltro verde, la bisaccia con dentro, per me, vino, pane e un
salamino, mentre per Terrone, visto da
dove proviene, una fetta di pane con una bella spalmata di anduja e melanzane
sott’olio.
Ovviamente scherzo anche
se, vista la sua fame proverbiale, sono certo che non la disdegnerebbe.
Una coppia di aironi cenerini, forse disturbati dal cane, hanno spiccato
il volo e io li guardo affascinato mentre volteggiano nel cielo azzurro. Che pace
che c’è qui, altro che in città!
Però tutto questo silenzio e solitudine un po’d’angoscia me la mettono.
E se dovessi avere un malore o un incidente, cosa faccio, chi chiamo se intorno
non c’è anima viva? Che strano, non mi sono mai posto questa domanda, eppure
avere un malore è un fatto che mi potrebbe accadere: a volte ci si allontana il più possibile da
casa per avere un po’ di tranquillità, senza tenere in considerazione le
disgrazie che ci potrebbero colpire.
Vabbe’, posso sempre dare l’allarme con il cellulare, in fondo basta
digitare tre numeri e... Okay la telefonata, ma cosa dico a chi risponde alla
chiamata: presto venite a soccorrermi, mi trovo in pieno Parco del Ticino? Ora
che mi trovano mi sono mummificato. I soccorsi, per arrivare con celerità,
hanno bisogno di coordinate precise...
Certo che in città è tutto più semplice, se ho bisogno di un’ambulanza
chiamo, dico l’indirizzo e loro arrivano in due minuti. Un bel vantaggio! La
vita in città non è semplice ma almeno è semplificata. Per esempio, se voglio
mangiare un po’ di pollo mica me lo devo uccidere, c’è chi l’ha fatto per me,
se ho bisogno di latte non devo andare nella stalla e mungere la vacca, il pane
è già cotto, il pesce già pescato... E poi se mi devo spostare, mica salgo su
uno scomodo trattore, prendo la mia
comoda macchina e in pochi minuti sono arrivato. Oddio, “in pochi minuti” si fa
per dire, in realtà muoversi nel traffico fra ingorghi, code, sensi unici,
lavori in corso e quant’altro sta diventando un’impresa da eroi da fumetto.
Avere la macchina oggi è un bel problema, altro che storie. Non è tanto quanto
costa il mezzo ma il suo mantenimento: la benzina, l’assicurazione, il bollo,
il cambio gomme... e poi c’è l’ansia da parcheggio che ti distrugge il sistema
nervoso perché, oltre a far fuori mezzo serbatoio di carburante per trovarne
uno, poi devi stare con l’orologio sotto al naso perché, se sgarri di un minuto,
arriva quell’essere ibrido, metà vigile e metà parcheggiatore, che si chiama
ausiliario della sosta.
Dio come non li sopporto quando
li vedo aggirasi, blocchetto delle multe in mano, in una zona disco o a
parchimetro impettiti come generali e orgogliosi del gilet, con tanto di
scritta rifrangente, che gli dà un potere inaspettato.
Un giorno ne ho tenuto d’occhio uno che si apprestava a controllare
delle vetture in sosta.
È andata così: era un tipo sulla trentina, piuttosto basso, tracagnotto
e devo dire che quel coso, lungo e largo di color giallo acido con la scritta
ausiliario della sosta che indossava, non lo aiutava certo a slanciarlo.
Camminava strascicando i piedi con fare desolato come chi è stato appena
lasciato dal suo grande amore. Quando ci siamo incrociati e mi ha guardato con
quella espressione vivace da bue al pascolo che guarda un carretto passare,
devo confessare che ho provato persino pena per lui, sentimento che ho
scacciato subito dopo averlo visto entrare nel suo campo d’azione: il
parcheggio. Con davanti tutte quelle macchine in sosta ha avuto come un
sussulto alla vita e in un attimo si è impettito, si è sistemato la blusa e,
dopo aver estratto dal borsello bianco penna e blocco, ha iniziato a girare
attorno alla prima autovettura come un cane indeciso su quale ruota pisciare.
Poi, con fare circospetto, ha controllato il tagliando di termine sosta
appoggiato sul cruscotto e, con godimento, ha iniziato a scrivere la multa che
poi ha infilato tra il parabrezza e il tergicristallo.
Va bene, è ora di rientrare a casa perché oggi sono a pranzo dai miei e
loro mangiano alle dodici e mezzo precise. Terrone sicuramente sarà a
scorrazzare vicino al fiume. Inutile chiamarlo, devo andare a prenderlo. Eccolo
lì che come al solito si è messo a
giocare con il primo che incontra: questa volta sono due uomini, oggi c’è
folla, qui! Lo chiamo ma non risponde al comando. I due che lo stanno facendo
giocare mi sembrano dei guardiacaccia: e cosa mi aspettavo di trovare
in un posto desolato come questo: per caso due ausiliari del traffico?
Uno dei due mi ha visto e mentre
si avvicina mi chiede se il cane è mio.
«Sì, certo ma come vede è un
giocherellone!»
«Sarà anche giocherellone ma non
può essere lasciato libero di scorazzare perché potrebbe aggredire o spaventare
chi, come lei, viene a passeggiare lungo il fiume.»
«Ma se non c’è nessuno!»
«Noi le sembriamo nessuno?
Comunque lei è in contravvenzione, mi dia un documento, prego.»
«Ma i guardiacaccia non
dovrebbero occuparsi di cacciatori e bracconieri?»
«Sì, ma noi siamo due GAPT,
Guardie Ausiliarie Parco del Ticino. Mi vuole dare un documento d’identità, per
favore?»
Marcello Tropea
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