Stanza 251

mercoledì 28 marzo 2012

Scintilla

Sono stato assalito da un lampo di memoria amorosa. Un addio. 
Appartenevamo ad un medesimo territorio di desideri ed aspirazioni. Avevamo in comune l’ansia per gli sviluppi a venire.
Sì, in quel freddo pomeriggio di dicembre noi bruciavamo. 
Passeggiando su un lato della piazza illuminato dalle vetrine dei negozi mi sono impegnato a disegnare per H.  le scene di una convivenza futura. Guardavamo le decorazioni natalizie. 
Avremmo potuto affittare una casa in campagna, isolata ma non troppo lontana dalla città, in modo da non diventare scontrosi, volevamo mantenere vive le nostre amicizie: avremmo invitato spesso a cena le persone a cui vogliamo bene. 
Durante il giorno ognuno avrebbe inseguito le proprie illusioni. 
Lei poteva scrivere, immaginare i dettagli per l’espressione di un volto, scegliere il colore di un fermaglio che deve trattenere l’onda dei capelli dal precipitare sulla spalla. Io avrei lavorato dentro una casa colonica riadattata a studio, con le grandi tele appoggiate alle pareti arabescate di umidità. Senza troppi contatti durante queste ore di lavoro – avremmo evitato le distrazioni - ci potevamo ritrovare la sera nella grande cucina al momento di preparare il cibo per gli ospiti in arrivo, con il piacere e la sorpresa di raccontarci le scoperte fatte in quella singola preziosa giornata.
Quando il momento di lasciarsi è arrivato, abbiamo inseguito una nostra idea di decoro.
Intimi - ma cresciuti in continenti lontani - la sorte ci ha donato lingue così diverse da suonare sempre magiche all’orecchio dell’altro.
E qui dovreste sentire l’attacco di There is a light that never goes out degli Smiths.

Stefano Loria (testo e immagine)

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