La data, l'ora, la temperatura, poi di nuovo la data, l’ora e la temperatura, questa bloccata dall’afa di oggi, eterno solo per un giorno, in questo istante già fuggito, come i colori che, sul far della sera, fanno brillare le cifre: magenta, ciano, rosso, verde, giallo, viola... Di fianco, un altro display, con l’intermittenza di zabaione, nocciola, panna, stracciatella, crema, cioccolata...
Seduto al tavolino di una gelateria - se chiudo gli occhi, ritorno in riva al fiume e fra le risate degli amici, risuonate per tutto il giorno sotto un ponte spezzato da un antico terremoto -, mi faccio ipnotizzare dai display appesi sopra la vetrina, i cui colori, vividi nella sera, screziano l’aria di intermittenze pastose magenta-blu, verde-giallo, ciano-viola, rosso-turchino. Scorre intanto ininterrotto un film di famiglie con gelato, che l'entrata aspira e rigurgita sul marciapiede piastrellato di stelle gialle su cielo azzurro.
Mi sono ingollato due bicchieri enormi di granatina gialla!
Alle mie spalle, oltre la barriera di pini nani che delimita i tavoli, una strada chiusa al traffico pullula di gente, a bagnomaria nell’alito di un’estate ormai finita. Nel piazzale di fianco, langue una giostra ferma e spenta, occhieggiata invano da una masnada di bambini delusi.
Mi sento un mucchio d'ossa solitario, portato qui dal caso, che diviene nel vuoto dell’odierno spazio-tempo e collassa negli infiniti universi paralleli in cui viviamo. Dopo l'allegra giornata in riva al fiume, ne ho di nuovo coscienza e ho paura di sveli, con gli occhi smarriti della mia anima.
Quindi, tieni gli occhi chiusi!
Ma la danza imperturbabile del calendario, ora ciano, e del menù, ora magenta, mi affascina e me l’impedisce.
All’improvviso, l’aria ferma della sera si anima in un frenetico scampanellio e divampa di luci. La giostra risorge e lancia al galoppo i suoi cavalli bianchi, portando una masnada di bimbi trasognati nel loro primo viaggio intorno al mondo. I suoi colori, lampando giro dopo giro lente intermittenze, s’aggiungono agli altri e rendono l'aria ancora più cangiante.
Come è la vita, in più assurda e sorprendente.
Ruotando sempre più forte, la giostra si carica di sogni e prima o poi, scordandosi l’ultimo giro, ascenderà al cielo, fragorosa e luccicante mongolfiera. Spinta dagli sguardi trasognati dei cavalieri, si dirigerà, in lento volo orizzontale, verso il mondo dei sogni, stasera posto lassù, fra le montagne che si confondono fra le prime stelle. Di lei, nella piazza, resterà solo un’intermittenza stroboscopica di sorrisi bloccati, liete pantomime, sguardi accesi, placidi assensi, vanaglorie, trepide speranze...
Cos'è che invece sostiene la mia anima pallida, al guinzaglio del mio polso come un sogno di Chagall?
Con un boato, dalle sue bocche sonore, sboccia una vecchia canzone. Non si era più sentita dai bei tempi andati e io l’avevo scordata con cura, puntigliosamente, per non dover più misurare la differenza fra l’oggi e l’Eden perduto.
Vigliaccamente l'assaporo e stupefatto chiudo gli occhi: in un presente eterno e soffocante avanza una lunga fila di fantasmi. Fra di loro ci sono anche i miei: si guardano intorno indifferenti e solo i sorrisi dei cavalieri sembrano attirarli, ma poi non più - fantasmi mai morti, che continuano a baluginare inutilmente, come un vecchio gioco che non diverte più. Fra di loro c’è anche la donna della mia vita, quella mai nata, ma amata da sempre. È bellissima, mentre trapassa nell'aria cangiante, l'ineffabile suo sorriso immutato. L’amo ancora, ma solo perché non sarà mai mia. Il suo occhieggiarmi invano, disvela la mia vecchiaia.
Basta, fra di noi è finita!
La canzone, densa ed ebbra di ricordi, terrà in vita questo istante fino alla fine del mondo, che intanto - riapro gli occhi - continua a cambiare colore, mentre le famiglie con gelato sfiorano le stelle sul marciapiede azzurro, nell’ultima intermittenza verde pisello.
Una nebbia grigio perla serpeggia nell'aria liquida. Viene dal passato? Ma non è questo il mondo dei ricordi, perché non sto ricordando un bel niente, mentre osservo le mie braghe celesti, poi verdi, poi ocra, poi magenta.
Ora però la canzone, come una madre amorosa, guida un'automobile giù dalla montagna, poi dentro al paese e quella sbuca nella strada chiusa, un tempo l’unica verso la pianura. La riconosco: è la mia prima cinquecento bianca!
Adesso sì che ricordo, adesso sì che sono tornato indietro nel tempo!
Quella sera, più di trent’anni fa, attraversavo questo paese dopo un’altra giornata di festa lungo il fiume. Di fianco avevo colei che invece è nata e mi è accanto da allora. Anche quella sera, forse, sotto lo stesso luminoso firmamento, c’era nell’aria questa canzone, che veniva, forse, dalla stessa giostra. Lei mi sorrideva come fa adesso che, uscita dalla gelateria, slappa un gelato rosa, poi verde, poi giallo, poi magenta, poi ciano...
"Ne vuoi?"
"No."
"Perché?"
"Ho appena bevuto due bicchieri di granita."
La giostra si ferma e la canzone muore in un sorriso generale. No, non sono triste per quel ricordo, perché non sono i ricordi che uccidono la vita, anzi! La fanno ripartire ogni mattina, ricominciando da capo tutte le sue storie.
Marco Panini
Nessun commento:
Posta un commento