lunedì 14 novembre 2011

E voi, sognate?


Ed eccola lì, come ogni mattina.
Dalle 10 alle 11 Diana era al museo. Esclusi i festivi. Che passava a casa, con Phil e Brad. E Genio, certamente.
Dalle 10 alle 11 nell’appartamento non era la stessa cosa.
Phil veniva a controllare la bacinella e Brad giocava piano, di là, in camera sua. Perfino Genio sembrava aver capito che non si doveva abbaiare, perché la donna era malata.
Diana estrasse il cuscino dalla borsa. Ignorava se fosse regolamentare, ma non aveva nessuna importanza. Comunque, il custode non era mai intervenuto.
Stava lì, ritto, sulla porta, tra una sala e l’altra. Si chiamava Owen ed era un Robin Williams ingrassato di quindici chili.
Buongiorno signora.
Buondì Owen.
Il suo era sempre un buondì, come se accorciare quel saluto le regalasse una manciata di tempo. Era cancro, naturalmente. Aveva perduto entrambi i seni, ma le sue cellule maligne se n’erano fregate. Metastasi. Ovunque.
Sprimacciò il cuscino e il sedersi le strappò una smorfia. Aspettò che quel dolore tornasse a livelli accettabili, anche se “accettabile” non sembrava la parola giusta per definire il pugno di chiodi che qualcuno le aveva messo nello stomaco.
Ma tant’é.
Le vertigini sparirono e la nausea si dileguò. Il dipinto le faceva questo effetto. Un bell’effetto, non è vero?
E voi, sognate?
Nell’appartamento non era la stessa cosa.
Vomitava per tutta la mattina. A volte, se la chemio era stata particolarmente pesante, anche il pomeriggio.
Ma lì no. Saltava sul taxi, lottando contro i conati e il bisogno di crollare sul sedile. Di solito veniva Paula, una tipetta secca come una prugna, che faceva il giro largo per evitare le buche sulla Coastway, anche se così non era possibile ammirare l’oceano.
Però Diana voleva solo ammirare il quadro, seduta, su quella panca cromata, nella piccola sala.
C’erano gli scogli, c’era l’oceano. E il pescatore, naturalmente.
Anche lui spiava l’orizzonte, ma solo Diana si sarebbe imbarcata.
A volte era sola, a volte no. Difficile dire cosa preferisse. Quando era a tu per tu con quelle pennellate così autorevoli, tutto il resto si estingueva. Eccetto Owen, della cui presenza Diana era sempre certa. Ma anche Owen faceva parte della storia.
Phil, Brad e Genio non venivano. Mai. Lei non lo permetteva. Ma sapevano (Brad e Genio a modo loro). E comprendevano. E aspettavano. Tutti, aspettavano. Eccetto lei.
Il cuscino era un regalo di sua sorella Agnes.
Era bianco latte, con su ricamata la scritta rossa Merry Xmas in corsivo, la S finale con tanto di svolazzo. Glielo aveva dato allo scoccare della mezzanotte, avvolto in un foglio color carta da zucchero che esprimeva tutta la sua semplicità: Agnes era una che non covava sorprese.
Al contrario di lei, evidentemente. Scoprire che ti rimangono due mesi di vita è una cosa molto inattesa, quasi stupefacente.
Niente candeline il prossimo 16 aprile, anzi, nessun 16 aprile. Forse, addirittura cancellato aprile dal suo calendario. Mai più giorni del Ringraziamento o Natali o Halloween. Peccato, intagliare zucche le piaceva molto.
E voi, sognate?
Il vascello era arrivato.
La magnifica prua ondeggiò nella risacca, sollevando spruzzi poderosi, le vele tese come levrieri al guinzaglio, pronte a sospingerla di nuovo in mare aperto.
Il pescatore fece un cenno. Era ora.
Owen sostenne con delicatezza il gomito di Diana, mentre si avvicinavano al dipinto.
D’un tratto, l’odore straordinario del salmastro divenne una cosa viva. La investì con la prepotenza di un amante.
Gli psicopompi, Owen e il pescatore, la aiutarono a scavalcare la cornice dorata.
Quando Diana appoggiò entrambi i piedi sullo scoglio, avvenne il cambiamento.
I capelli ricrebbero, di nuovo fulvi e folti e fluenti nelle raffiche di vento, che facevano aderire la tunica bianca al suo corpo, improvvisamente integro e rigoglioso.
Il pescatore la baciò, a lungo, con passione, facendola fremere.
Si staccò da lei, dolcemente, tenendole le mani, con un ultimo bacio a fior di labbra.
Poi con l’indice indicò la nave, che adesso puntava la prua irrequieta verso il mare aperto, l’orizzonte, e oltre ancora.
Diana salì a bordo. E, quando furono salpati, non guardò mai, mai indietro, neppure per un istante.


Owen prese il cuscino dalla panca.
Quindi riprese il suo posto, in quel vano tra le due sale, nel museo, silenzioso come l’eternità.
E voi, sognate?

Alessandro Leone

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