Milano, ore 19,15.
La finta bionda al banco del check in del mio solito cinque stelle mi ha immediatamente
riconosciuto e mi cinguetta il benvenuto di rito: “Ben arrivato Signor Jarach! Ha fatto buon
viaggio?”. C’è però qualcosa che non va: sembra parecchio nervosa, si torce leggermente le
tozze manine dalle unghie pesantemente laccate, si schiarisce leggermente la voce e
finalmente sputa il rospo: “Signor Jarach siamo davvero addolorati ma purtroppo la sua suite
preferita, la 52 dico bene?” consulta il computer, prende tempo poi è costretta a continuare, il
suo lavoro oggi proprio non le piace: ”Ecco vede la suite 52 questa sera purtroppo non è
disponibile, abbiamo avuto un problema, la prego di capi…..” si blocca… Abbassandomi sopra
il bancone di mogano lucidato a specchio ho avvicinato il viso al suo ed adesso la fisso negli
occhi levandole la voglia di continuare, come sempre quando mi incazzo sul serio, abbasso il
tono di voce ad un cupo bisbiglio e lascio che per un attimo la bestia che mi porto dentro si
palesi nello sguardo, normalmente funziona: “Capire cosa? Ho prenotato con tre mesi si
anticipo la solita suite come faccio tutte le volte che vengo ovvero almeno due volte l’anno, da
quanto? Sei? No, se faccio mente locale, sono sette anni. E adesso lei (sono stato educato alla
vecchia maniera per cui mi risparmio di darle della patetica nana sottopagata, malamente
ossigenata e senza speranza, anche se sospetto che quello che penso di lei le sia comunque
ben ovvio) mi dice che non è disponibile?”. Se non fosse che per me la cosa è mortalmente
seria, sarebbe anche divertente osservare la malcapitata che cerca di evitare il mio sguardo
concentrandosi sullo schermo del suo terminale mentre balbetta: ”La prego signor Jarach le
sto chiamando il nostro manager e vedrà che riusciremo ad accontentarla… nel frattempo le
possiamo offrire qualcosa?” quindi consultato ancora brevemente lo schermo, propone:
“magari un vodka martini extra dry con due olive come piace a lei?” se avesse la coda
scodinzolerebbe ma essendone sprovvista si limita a sorridermi speranzosa di avermi almeno
un poco placato. Mio malgrado, mi fa quasi tenerezza, scappa un sorriso anche a me,
sfortunatamente però è quello che la mia costosissima ex moglie chiamava il ghigno del lupo
cattivo, il che non aiuta i nervi della receptionist alla quale sibilo: “Non voglio nessun
complimentary drink! Oltretutto sapete benissimo che se voleste blandirmi a vodka martini vi
costerei ben di più di una settimana nella Golden suite!”.
Nel frattempo il manager è finalmente arrivato in soccorso del suo povero staff, si riavvia il
ciuffo tinto (anche lui… ma nero però) mi saluta felice di vedermi come se avessimo fatto le
elementari assieme, spara il suo miglior sorriso e dice: “La Golden suite ma che magnifica idea
signor Jarach! La prego di voler perdonare il…” abbassa appena la voce e prosegue: “Casino
che abbiamo combinato e di accettare di soggiornare nella Golden suite alla solita tariffa che
normalmente pagherebbe per la suite 52… “ poi si interrompe mentre aspetta un mio
entusiasta consenso all’inaspettato upgrade, purtroppo per lui però ciò non succede e mentre
sto considerando di prendere un taxi prima ed un treno poi per tornare a casa, riattacca: ”Il
gruppo da Abu Dhabi, che aveva prenotato tutto il sesto piano con tutte e tre le relative luxury
suites, la Honey, la Golden e la Ivory, si è poi presentato stamani con extra ospiti vari ed hanno
preteso di occupare invece tutto il quinto piano quello delle classic suites, vede purtroppo
quando ciò è successo io non ero presente e lo staff si è fatto un po’ impressionare dalla
determinazione tutta araba di questi signori per cui…”. Ma io non lo sto più veramente
ascoltando perché il cellulare da lavoro ha cominciato a vibrarmi nella tasca della giacca: è
Kostenko il mio grande cliente bianco, il vero ex sovietico motivo per cui sono qui, quindi,
zittito il manager con un gesto della mano, rispondo entusiasta: “ Sacha my dear friend!” . Mi
vuole passare a prendere per portarmi a cena per chiudere stasera stessa la trattativa,
ovviamente sa che ho altri possibili clienti e che da domani mattina i giochi si riaprono,
altrettanto ovviamente a questo punto il preventivo che gli ho già inviato dovrebbe passare
senza discussioni, il tutto con una cena pesante, un paio di Cohiba in terrazza ed una stretta di
mano; dopodiché se ne occuperanno i rispettivi uffici commerciali. Rifletto un istante: ho
un’ex moglie e un avvocato da mantenere (pensandoci bene due avvocati, il mio e il suo), non
mi posso assolutamente permettere di perdere l’affare. Gli rispondo di passarmi pure a
prendere alle 20,30 e lo saluto. Il manager è rimasto ad aspettare rispettoso che terminassi la
mia telefonata (da queste parti il business è sacro) e sta per rincominciare con le sue inutili
spiegazioni quando lo interrompo: “E va bene vi verrò incontro ed accetto il cambio di stanza”,
aspetto quel tanto che basta perché il termine “stanza” affondi lì dove deve affondare e
proseguo: “Preferirei però la Ivory suite, se ben ricordo è completamente bianca..
personalmente detesto l’oro, lo trovo un po’ pacchiano!”. Il manager nerotinto si imparpaglia
un attimo poi guarda la receptionist che, avendo già consultato il suo computer, fa si si con la
testolina ossigenata, quindi si rilassa, mi sorride di nuovo e chiama il fattorino: “ Francesco la
prego accompagni il signor Jarach alla suite 63, la Ivory, veloce per favore, veloce!”.
La Ivory suite, devo ammettere, non è niente male. Nonostante in realtà io non abbia
assolutamente nulla contro l’oro e non lo trovi nemmeno così pacchiano, l’ho scelta perché
spero che tutti questi arredi bianchi ed il marmo di Carrara mi semplificheranno il lavoro
rispetto a scenari più barocchi. Liquido con mancia adeguata il gentile e solerte Francesco
prima che mi illustri tutte le fantastiche amenità offertemi dalla mia nuova sistemazione
facendomi perdere altro tempo prezioso. Sono le 19,30. Ho si e no 45 minuti per il check
rituale di emergenza e 15 per darmi una rinfrescata prima della cena con il mio Big Kahuna
del momento, quello che in ultima istanza quest’anno pagherà le settimane bianche a Gstaad
ad i nostri avvocati; dovrei farcela, ce la farò. Estraggo dallo scomparto delle scarpe del mio
fedele trolley il kit base, quello che normalmente uso per bonificare e studiare gli ambienti
dove sono già stato (vedi suite 52) e dove non mi aspetto grandi sorprese, stasera però, anche
se è la prima volta che metto piede nella Ivory suite, dovrà bastare, basterà. Levo coperte e
lenzuola dal grande letto matrimoniale, dispongo sul materasso gli attrezzi del kit, poi tirate le
tende alle finestre, accese tutte le luci ed appeso il cartellino do not disturb fuori dalla porta,
studio la suite in maniera metodica, memorizzando la posizione di mobili ed accessori vari.
Accendo il rilevatore multifunzione e comincio a cercare eventuali cimici e telecamere, non ne
trovo: troppo facile. Per quanto mi fidi del mio tecno gadget, preferirei disporre dei ben più
ingombranti rilevatori dedicati (uno per le microspie ed uno per le videocamere) che mi porto
appresso per bonifiche più approfondite; per cui, dato che pochi posti sono più infestati delle
stanze dei cinque stelle per non parlare delle relative suites, procedo ad un rapido controllo
extra: mi metto nei panni di un installatore di congegni di sorveglianza clandestina e
controllo i nascondigli più probabili, prevedibilmente, questa volta saltano fuori due micro
telecamere oramai inattive (per quello non rilevate durante il primo controllo) ed
abbandonate dopo aver fatto il loro lavoro, si tratta di modelli di media qualità, facilmente
reperibili in rete a cifre più che abbordabili, le lascio dove le ho trovate: entrambe dietro le
griglie dei climatizzatori, una nel grande bagno ed una ad inquadrare il letto. Stimo un lavoro
quasi amatoriale da investigatore privato, probabilmente un ricatto. Mi ritengo soddisfatto e
procedo alla seconda fase, quella che mi piace davvero. Il Luminol (C8H7N3O2 ) è un
composto chimico che mischiato con un agente ossidante esibisce una chemiluminescenza
bluastra, viene, visto che il ferro contenuto nell’emoglobina del sangue agisce da catalizzatore,
usato nella ricerca forense per rilevare tracce di sangue invisibili ad occhio nudo; ne porto in
bagno quattro fiale assieme allo spruzzatore, mischio in parti uguali composto chimico ed
acqua direttamente dentro lo spruzzatore stesso, agito e sono quasi pronto. Giro la suite
spegnendo tutte le luci, quindi attendo in piedi in mezzo alla stanza mentre mi rilasso e la
vista si abitua gradualmente al buio quasi totale, dopo un minuto circa comincio a distinguere
le forme dei mobili, sono pronto. Ho già memorizzato la topografia della suite per cui riesco a
muovermi senza inciampare, procedo in modo metodico cominciando dall’ ingresso, mi
muovo in silenzio ma è come se sentissi una mia musica perché in effetti come sempre in
questi casi sto ballando, credo mi aiuti a concentrarmi. Scelgo le superfici da controllare,
spruzzo il Luminol e se non rileva tracce importanti procedo oltre altrimenti ho circa 30
secondi per memorizzare le macchie bluastre prima che svaniscano e cercarne altre nelle
vicinanze, trovo tracce minime come se ne trovano in qualsiasi ambiente, il materasso
(elemento in ogni caso di relativa rilevanza in quanto non necessariamente da sempre in
questa suite) mostra piccole tracce imputabili a piccole ferite varie, difficilmente di origine
violenta, il grande quadro e relativa cornice a fianco dell’ ingresso del bagno invece si
illuminano di blu mostrando una serie di chiazze come se fosse stato investito da una
considerevole quantità di sangue, curioso. Il resto della suite appare pulito, resta solo il bagno
e qui la cosa si fa più interessante: la parete ricoperta in marmo di Carrara sopra il lato testa
della grande Jacuzzi mostra a circa un metro e mezzo dal pavimento una grande chiazza blu
che sia allunga in una larga strisciata verso il basso, si intuiscono i tentativi di pulizia,
particolarmente inefficaci nell’ eliminare il sangue dagli interstizi fra le lastre di marmo, ci
sono altre tracce sulla rubinetteria della Jacuzzi e su quella dei lavandini, nulla nel box doccia
e poco sul pavimento. Per adesso può bastare: mi ritengo soddisfatto, tanto so che passerò la
notte in bianco, cercando di capire cosa sia successo in questa suite e rivedrò la luminescenza
blu in ogni suo dettaglio anche senza Luminol e con le luci accese. Perché oramai io so!
Guardo l’orologio ho giusto il tempo per prepararmi, accendo le luci, apro le tende, rifaccio il
letto e ripongo il kit nel trolley, ordino al servizio in camera un vodka martini con l’oliva
(ovviamente) e mi infilo in doccia. Il drink arriva quando sono quasi vestito, lo sorseggio
mentre mi aggiusto il nodo alla cravatta guardando la città che si prepara a un'altra notte di
menzogne. Mi chiamano dal desk per dirmi che Kostenko è arrivato e mi aspetta in taxi.
Quando esco dall’ascensore mi intercetta il manager nerotinto: ” Signor Jarach spero la Ivory
suite sia di suo gradimento!”. Un cenno di approvazione senza troppo entusiasmo gli ricorda
che la prossima volta avrò la solita suite, la 52, senza se e senza ma, grazie. Mentre esco
dall’albergo e mi avvio verso il taxi rifletto che se questa sera concludo l’affare potrei rientrare
a casa anche in nottata, evitando di arrovellarmi su cosa diavolo sia esattamente successo
nella Ivory suite. Sorrido a Sasha che mi sta aprendo la portiera del taxi ma in realtà sto
sorridendo a me stesso al pensiero che la prossima volta che tornerò a Milano avrò a mia
disposizione la mia amata suite 52, dove a meno che recentemente non sia successo altro, non
avrò dubbi su ciò che ha generato la magnifica galassia blu che la decora quando la si
sottopone al trattamento col Luminol. Come potrei averne? Quella volta, sette anni fa, io c’ero.
Paolo Fumagalli
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