Mi piace contare le cose che trovo nel piatto. Centosettantanove piselli, cinquantadue chicchi di melograno, quarantatre chicchi d’uva. E poi mi piace osservare le stelle, calcolarne la distanza le une dalle altre con degli strani algoritmi che ho trovato in un libro. Ho anche un telescopio ma senza motore per l’inseguimento delle stelle, così le devo inseguire a mano. Comunque ho imparato alla svelta come si fa.
I miei genitori dicono che questi interessi non mi serviranno a molto nella vita se prima non imparo ad allacciarmi le scarpe o a mangiare con la forchetta e il coltello.
Sara mi sembra bella. Non ho conosciuto molte ragazze finora anzi, si può dire che a parte Sara e le mie cugine che vanno alle elementari, io non conosca nessuna ragazza. La cosa che mi piace di più è il suo sorriso bianco, generoso di perle di neve. E’ contagioso, come dice lei. Ogni volta che sorride, sorrido anche io e io non sorrido mai. Ma con Sara è facile, mi viene naturale come contare le cose nel piatto.
Vorrei dire a Sara che il suo sorriso potrebbe illuminare un’intera città ma non ci riesco così sto zitto. Quando succede ripasso tra me e me la sequenza dei numeri primi per non sentire il vuoto delle mie parole. E’ una settimana che non la vedo, dice che non può venire perché deve studiare per gli esami di fine anno. Lo ha detto a mamma, al telefono. Io non parlo al telefono per via della terza dimensione. Mi blocco davanti a una situazione mono o bi-dimensionale, mi servono più punti di riferimento altrimenti sto fermo come un iceberg. L’iceberg in realtà si muove, è una finta immobilità la sua, ma davanti al telefono mi sento come un enorme blocco di ghiaccio alla deriva.
Ho sentito mamma parlare con un’altra insegnante o forse era un uomo, non so. Se venisse un’altra insegnante al posto di Sara potrei dire di conoscere più di una ragazza. E se fosse bella come Sara potrei dire di conoscere qualche ‘bella ragazza’, come ho sentito dire in televisione. Quindi Sara non verrà più. Se scoprissi una nuova stella, vagando con gli occhi nello spazio nero, magari una supernova, le darei il nome Sara. O il nome della nuova insegnante.
Da qualche giorno mio padre non dorme più a casa. Giochiamo a scacchi dopo che è tornato dal lavoro, vinco ma poi non cena con me e mamma e lo vedo il giorno dopo per una nuova partita a scacchi. Sara non viene più. Mio padre viene solo a giocare a scacchi.
La nuova insegnante mi ricorda il postino. Stessa faccia quadrata, stessi occhiali dal contorno nero, stessa corporatura rettangolare, stessi capelli bagnati, schiacciati sulle orecchie. Mi ha insegnato a mettere i calzini. Il suo sorriso non è bianco e non è contagioso. La stupisco con uno dei miei urli striduli e si tappa subito le orecchie. Sara non verrà più, mio padre viene solo a giocare a scacchi. Quindi urlo. La mamma arriva subito e si mette a piangere, dice che sto peggiorando, che così non va. Io invece non piango mai. Sara diceva che si piange quando si è tristi, ma io non sono mai triste altrimenti piangerei e saprei che sapore hanno le lacrime.
Ho sentito mamma parlare con papà. Gli diceva che forse è troppo vecchio per mettersi con una ragazzina. Lui ha risposto che è una cosa seria. Non ho capito di cosa stavano parlando, io non capisco mai queste cose ma vorrei imparare. E’ per questo che ho bisogno di un maestro speciale che mi insegni la vita dalla a alla zeta, perché i miei interessi non hanno a che fare con la vita, non mi fanno stare al mondo, come dice mia madre. Io non sono in grado di uscire da questa casa da solo. Forse lo sarei ma è molto complicato dal momento che sono nato annodato. Le mie gambe sono un groviglio un po’ difficile da districare. Anche la mia mente va di pari passo con le gambe. Sono simbiotiche.
Oggi ha chiamato l’osservatorio astronomico di una città di cui non ricordo il nome. Hanno detto che sarebbero lieti, così ha detto mia madre, di avermi nel loro team e che potrei lavorare da casa con un telescopio più potente del mio. Hanno letto i miei studi sulle interazioni tra supernove e sono rimasti entusiasti. Le ho detto: mamma, io non so niente della vita. E lei mi ha risposto: la vita stessa ti insegnerà. E con un sorriso, ho accettato.
Elisa Minì
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