mercoledì 22 giugno 2011

Hotel Dracula

per puro miracolo 
sono scampato al turbine di fuoco
che saliva dalla neve
al mio arrivo
una spirale di fiamme 
girava su se stessa 
malgrado la rapidità della visione
mi parve di scorgere in essa
figure di persone 
che ho amato e perduto


sarà l’acconciatura dei capelli
il gentile signore tiene molto 
ad una eleganza deformata
che queste pareti di pietra umida
non aiutano
la sera mi prende un’inquietudine
motivata dalle ombre degli oggetti
prolungata dal lume delle candele
a dismisura
oltre il solito si dilatano
i colori esaltati
da un’ occasione estrema 


dalla finestra della stanza
il panorama è un mutevole
assetto di profili
intuisco il generarsi di forme
con dispersione degli affetti
verso errori passati
l’incomprensione
è stata la molla dell’azione
la palude e il monotono
tornare della puntina
sul medesimo solco
senza note udibili
la ripetizione 
odiosa spartizione
di denaro di influenze
alla quale sono stato obbligato
non l’ ho mai gradita          


i sentieri interrotti
mi turbano il sonno
già così difficile
da quando sono arrivato
alla dimora del conte


solo un’ eco lontana
giunge a questo castello
di quello che sta accadendo
nella mia amata patria
gli arresti i processi
il crollo di un regime
che minaccia di schiantare
tutti sotto un cumulo immane
rottami inutilizzabili
è il cambio di scena
lo scarto il progresso
come lo concepisce il medico
positivista indagatore
dell’anima isolata
in provette con liquidi 
fosforescenti in ebollizione
storte alambicchi dai quali
attendiamo l’essenza dell’umana
specifica motivazione
e non dovrà stupire la complessità
del risultato ottenuto
una creatura divisa


sotto il mantello 
un cuore batte 
per diffondere il contagio
la mezza vita
fino ad una stazione definitiva 
io sto bene
è una questione di qualità
che impone al corpo
di ridursi a larva spirante
debolissimo involucro
nel migliore dei casi
pipistrello


il mio isolamento
non è privo di distrazioni
quando al tramonto
apro la carta del mondo
la mente è abbagliata
dai confini tra acqua e terra
tra foreste e deserto
tra depressioni ed altitudini
viaggio in una geografia virtuale
paese dopo paese
come io immagino sia
la tomba del pittore 
una quieta
verdissima terrazza sul mare
un canyon dal quale si ammira
il paesaggio interiore
oppure l’estraneità totale
vedersi da un punto di vista 
fuori da sé
uscire dal mondo
per guardarlo galleggiare
nello spazio vellutato 
nero assorbente


la carta degli oceani 
copre il tavolo 
le variazioni tonali del blu
mi riportano ad una tavola da surf 
contro le onde della baia
sono ancora vivo
in bianco e nero
con la spuma salata
che stinge il costume
e cancella la sigla 
incisa sul legno 
il sole riflesso alla deriva
nel saliscendi le esperienze
accadono rallentate
fuori tempo con la musica
che adesso è in voga da queste parti
una fioritura di 
armonie 
addizionate a metalli più pesanti
senza perdere le buone vibrazioni


di giorno 
nel forzato isolamento 
uso gli strumenti del disegno
che il conte mi ha gentilmente
messo a disposizione
di notte
giunge un fluido sessuale
un vento lunare
dalle lenzuola sale una corona
di rose concentriche 
fidanzamento è un’espressione goffa
a lui piace morderle sul collo
è la freccia del tempo
conficcata nella giugulare
estasi non nel senso di pillola
ma commozione rarissima
un raggiungimento privato
all’unisono con il resto 
del dimenticato mondo 
la muffa l’umidità
che segnano le pareti di pietra
della mia stanza 
si disseccano all’istante
per il calore dei corpi
che il conte abbraccia
in questo remoto
teatro delle passioni


Stefano Loria (testo e grafica)

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